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6 Ottobre 2016

Le foglie d’autunno

Tempo di lettura: 2 minuti


Sei ottobre. siamo ormai giunti ancora una volta alla resa definitiva dell’estate, all’avanzare delle piogge e del freddo: all’accorciarsi delle giornate si accompagna l’allungarsi delle nostre maniche mentre al grigio del cielo si accosta il marrone della terra e delle foglie d’autunno.
Meglio nota come “Autumn Leaves”, “Foglie d’Autunno” è lo standard jazz per eccellenza, quello talmente suonato da risultare masticato, quasi evitato dai musicisti per non apparire scontati. Composta sul finire della guerra nel 1945, “Autumn Leaves”, nasce dai versi francesi di Jacques Prevert, sulla musica dell’ungherese Joseph Kosma. Ironia della sorte vuole che proprio dal connubio di un musicista appartenente ad uno Stato dell’Asse con un poeta di un paese dell’Alleanza nascesse quello che diversi critici hanno considerato il grande pilastro del Jazz del dopoguerra. La scintilla però, quella che avrebbe reso la canzone famosa in tutto il mondo, arrivò quando, due anni dopo, Johnny Mercer riscrisse il testo in quella che era divenuta ormai la lingua delle relazioni internazionali: l’inglese.
E fu proprio così che la malinconia tipica dell’autunno divenne metafora delle malinconie della vita, del trascorrere inesorabile del tempo e delle forze che mancano, della distanza dalla persona che si ama, della solitudine, del silenzio. Ma “Autumn Leaves” fu anche una delle colonne sonore di un mondo che ripartiva, della gente che tornava nei locali a ballare, di un’Europa che, stremata da due conflitti mondiali, pur se timidamente e piena di incertezze, si apprestava a ricostruirsi, a rinascere, a diventare patria dei diritti dopo gli orrori della guerra. Non quindi una canzone di sola tristezza, ma anche di speranza e di rinascita, di vita. Di quell’intimità che, dopo la caoticità dell’estate, sembrano restituirci le foglie d’autunno.
Buon Ascolto.

[Qui la versione di Eric Clapton]

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Fulvio Gandini

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