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Mille anni fa, o poco meno, partiva la prima delle Crociate, dopo che ai concili di Piacenza e Clermont Papa Urbano II aveva convinto tutti: si poteva, si doveva andare in quella che veniva chiamata, allora e ancor oggi, “Terra Santa”, si doveva andare a fare la guerra, naturalmente la “Guerra santa”, bisognava sconfiggere gli infedeli, distruggerli, annientarli, azzerarli se possibile. E tutti, spadone in mano, urlarono “Deus vult”, che fu ed è, una delle ignominie più grandi, penso che allora Dio abbia avuto un sussulto: ma che cosa vogliono questi uomini? Che cosa volevano? Il fatto è che la mente esaltata, quando non addirittura fanatica, dei nostri progenitori medioevali, infarcita di illusioni ottiche, di miracoli mai esistiti, di madonne e di santi volanti , a cui si dovevano le più incredibili stravaganze, aveva bisogno di novità bizzarre per attrarre l’attenzione del popolo e il potere, variamente inteso, statale o locale che fosse, (traduco: dal signorotto fin su all’imperatore e al papa) ha sempre avuto fantasia e soldi per avere al proprio servizio persone di ingegno malefico.
Attorno al Mille l’interesse politico si era espresso in modo anche violento, e comunque rancoroso, nella lotta per le investiture e sul ruolo che avrebbero giocato nel tessuto sociale di allora gli ecclesiastici, lotte furibonde, come adesso per l’acquisizione di una fetta, pur piccola, di potere. Niente di meglio che ricorrere ancora una volta a una guerra, dare in pasto al popolo un ideale da sacralizzare e tradurre successivamente in opera. Con la violenza. Allora, si era pochi anni dopo il fatidico anno Mille, esisteva il problema del Sacro Sepolcro in mano agli infedeli, i non cristiani, attesi con ansia dall’inferno. Su ordine del pontefice paesi e contrade lontane furono raggiunti dai predicatori, tra i quali si distinse Pietro l’Eremita, dalla cui bocca uscivano fuoco e fiamme, mentre i guerrieri erano guidati dai signori feudali, tutti con l’ansia di fare carriera. Anche allora titoli e prebende si acquistavano col danaro, ma certo una guerra vinta regalava un lustro e una fama ineguagliabili.
Uno dei capi era Goffredo di Buglione, uomo deciso e di fegato. Fece tanti morti, ma riuscì a conquistare Gerusalemme. Fece allora grande scalpore il gran rifiuto suo del titolo di Re di Gerusalemme, si accontentò di quello di “Gran difensore del Santo Sepolcro”, in apparrenza più modesto, ma certamente era la laurea per entrare definitivamente nella storia. Fu così che lo stemma di Gerusalemme divenne il palio del vincitore, ora arabo (infedele per i cristiani) ora cristiano (infedele per i musulmani).

Mille anni e siamo ancora a quel punto, la Guerra procede violenta e subdola, il nome di Cristo è stato sostituito, il palio oggi è il bidone di greggio, attorno al quale, però, continuiamo a inventare ragioni falsamente ideologiche. L’Occidente ha massacrato di bombe intere popolazioni (quasi trecentomila morti negli ultimi tre anni) , il mondo musulmano risponde con il terrorismo. Sia chiaro: l’economia occidentale è entrata otto anni fa in un vicolo cieco, per uscirne deve fare la guerra, antica medicina dell’uomo, si costruiscono e si vendono più armi, il petrolio è sempre più l’oro nero, si uccidono più donne produttrici di futuri terroristi, si lasciano morire di fame e di malattia diciassettemila bambini al giorno, uno ogni cinque secondi, ma che farci? Sono sempre stati carne da macello.
Mille anni, non c’è più un Goffredo di Buglione, ma i suoi connazionali francesi continuano nella sua opera, non più gli spadoni, oggi ci sono gli aerei da bombardamento, i phantom. E il predicatore Pietro l’Eremita? Ha conquistato le telecamere compiacenti e falsificatrici delle emitteenti mondiali e ci spinge alla guerra, come faceva il fascista Apelius. Mille anni non sono stati sufficienti a farci diventare uomini, ma ancora e sempre guerrieri. Sempre uguale il ruolo della Turchia (“Mamma li turchi!”) sul crinale occidente-medio oriente. L’odio, che cementa le gesta dell’uomo, non è finito, ora dobbiamo difendere le nostre case dal nemico (quale? uno qualunque), diamoci da fare, costruiamo i bunker e spariamo: Deus vult.

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Gian Pietro Testa



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