‘Voglio morire abbronzato’, due verbi e un aggettivo tra ironia e cinismo, una battuta del triestino Lelio Luttazzi, artista eclettico, musicista, attore e regista a cui è dedicata la mostra ‘Lelioswing 50 anni di storia italiana’, allestita fino al 2 febbraio al museo dei Fori Imperiali a Roma. Ci sono le foto, le lettere, gli articoli, le copertine dei dischi, dei libri, un salottino con tanto di televisione vintage e filmati d’epoca. E musica, tanta musica. Luttazzi suona e i telegiornali delle teche della Rai riferiscono di scontri tra studenti e polizia, Lelio spiega dal teleschermo cos’è lo scat nel vocal jazz, conduce in tivù, in radio, scrive, recita, tiene concerti sul filo dello swing mentre Neil Armstrong mette piede sulla luna. Sono godibili dalla poltrona i fantastici i duetti della trasmissione ‘Doppia Coppia’ con Sylvie Vartan: Luttazi al pianoforte, canta con l’artista francesce, il sogno erotico di tutti gli italiani. Lui nel suo impeccabile smoking, lei in minigonna, insieme si prendono gioco dei tanti vecchi ‘adolescenti’ in cerca di amori acerbi dalle carni sode. Niente di strano nell’Italia mai tramontata delle amanti bambine, ma certo una novità per gran parte dei figli del boom economico, ipnotizzati dal rock e dalle ideologie. Si è snobbata la tivù in bianco e nero, la migliore, ignorando i suoi protagonisti, persino i più geniali come Luttazzi epurato dalla Rai per un errore giudiziario. Nel ’70 suo arresto insieme all’amico Walter Chiari riempì le pagine dei giornali e gli fruttò 27 giorni di carcere per presunta detenzione e spaccio di cocaina. Era all’apice della carriera. Ed era innocente. Ne rimase travolto, colpito al cuore. Luttazzi, anima della prima ora della fortunatissima ‘Hit Parade’, pagò un prezzo molto più alto dell’ingiustizia stessa. Riassunse l’esperienza della galera con poche parole ‘una cella fetida, col cesso così piccolo che dovevo prendere la mira’ e scrisse ‘Operazione Montecristo’, il libro cui si ispirò Alberto Sordi per il film ‘Detenuto in attesa di giudizio’. E’ la faccia triste di Lelio, celebrato oggi con grande affetto e un allestimento bello, semplice e completo, nella mostra promossa da Roma capitale, dalla Fondazione che porta il suo nome, curata da Cesare Bastelli, Silvia Colombini e Zètema Progetto Cultura. All’esposizione, alla cui realizzazione ha contribuito la Regione Friuli Venezia Giulia, hanno collaborato di nomi di primo piano del mondo dello spettacolo, l’autore televisivo e scrittore Enrico Vaime, il regista Pupi Avati, il direttore di Ciak Piera Detassis e lo scenografo Leonardo Scarpa. Lelio è pur sempre Lelio. Un ‘portatore sano di smoking’ come lo definisce Vaime, un insegnante sui generis di storia del costume. I suoi messaggi garbati riempiono uno spicchio del vuoto culturale in cui si naviga a vista, come recita uno dei suoi pezzi di successo, Luttazzi è un ‘giovanotto matto’, ma pieno di buonsenso, un narratore inconsapevole dell’italianissimo passaggio dal ‘giazzo’ al jazz. Ha raccontato con eleganza uno stile, un modo di vivere. Dalla lo sapeva meglio di qualunque altro artista, tanto da scrivergli ‘Che swing, Lelio, la vita, che swing!’.
(Info mostra: Roma, Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali, via IV novembre 94 – Orari: 9 – 19 chiuso il lunedì. La biglietteria alle 18, un’ora prima del museo. Biglietto intero 9,50 – ridotto 7,50)
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Monica Forti
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