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Durante la sua vita pittorica, meno di trent’anni in tutto, Frida Kahlo dipinse più di cinquantacinque autoritratti su centoquarantatre dipinti noti. Bloccata a letto dopo il terribile incidente in cui fu coinvolta nel settembre del 1925, neanche diciottenne, si ritrovò per lungo tempo in compagnia di se stessa. Con la colonna vertebrale spezzata in tre punti e la gamba sinistra fratturata in undici punti, non solo sopravvisse, stupendo i medici che la visitarono, ma scoprì di avere un motivo in più per vivere: la pittura. Grazie a una struttura che le madre fece costruire nella sua camera, che comprendeva un grande specchio e una base in legno, la giovane artista produsse opere in cui il simbolismo cristiano si amalgama con quello azteco, unendo la tradizione india con quella europea.
Lo sguardo di questa donna è magnetico, le espressioni forti, non negano nulla allo spettatore, che si lascia indagare dagli occhi attenti dell’artista, occhi che lasciano trasparire la forza, l’intelligenza e l’ironia di chi non ha timore di mostrarsi per quello che è. Così la conobbe Diego Rivera quando, lavorando nell’anfiteatro Bolivar, fu interrotto da una ragazzina di appena quattordici anni, che gli chiese senza imbarazzo di poterlo osservare mentre lavorava. Vent’anni più di lei, Diego era per la giovane Frida una leggenda, un eroe che aveva viaggiato per il mondo per poi tornare in Messico mentre lei, parte della generazione nata con la rivoluzione (che portò fine alla dittatura del generale Porfirio Diaz), ne portava dentro gli ideali.

La forza del suo carattere, la dignità che il suo sguardo emanava, la si ritrova immutata nelle fotografie di Leo Matiz, esposte dal 14 gennaio al 28 febbraio a Bologna, presso Ono Galleria di Arte Contemporanea.

Fotoreporter colombiano, considerato uno dei principali esponenti della fotografia del Novecento, Leo Matiz fu un’artista poliedrico: editore, fotografo, gallerista (il primo a esporre l’artista Fernando Botero, nel 1951) e attore, viaggiò per i continenti cogliendo con sensibilità “l’attimo decisivo”. Fu protagonista di uno dei momenti più fecondi della fotografia e del cinema messicano e durante il suo soggiorno in questo paese, dal 1940 al 1948, conobbe e divenne amico di Frida Kahlo e del marito Diego Rivera, che fotografò nel quartiere in cui l’artista nacque, Coyoacan, e nella casa in cui la coppia visse, conosciuta come “Casa Azul”.

Le fotografie esposte, quasi tutte in bianco e nero, esaltano la grande personalità dell’artista, creando un alone di fascino e riverenza, che riempie gli ambienti: non servono sfondi studiati o impreziositi, l’intensità e il carattere di Frida Kahlo emergono anche quando è ritratta stesa su un prato o davanti a un muro spoglio.

Al piano superiore della galleria, un vero e proprio concept store, sono esposti, tra vinili e coloratissimi libri, alcuni degli schizzi preparatori della fumettista e illustratrice Vanna Vinci che, dopo la biografia a fumetti sull’artista polacca Tamara De Lempicka, icona dell’art decò, il prossimo autunno ne pubblicherà una dedicata a Frida Kahlo .

Sarà possibile visitare la mostra “Frida Kahlo. Fotografie di Leo Matiz” fino al 28 febbraio, presso Ono Galleria di Arte Contemporanea a Bologna, in via Santa Margherita. In contemporanea, la mostra Shepard Fairey: Obey.

mostra frida kahlo
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Chiara Ricchiuti

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