Ferrara è una città viva che si offre alla lettura: le sue strade e i suoi vicoli sono come «il filo conduttore di un racconto», come scrisse della Berlino degli anni Venti lo scrittore Franz Hessel. In Italia, e in Europa, è sempre più difficile visitare una città in cui è possibile riscoprire quella «capacità di narrare» così intrinseca a Ferrara, la città degli Estensi. «Il modo in cui Bassani ha raccontato Ferrara ha attirato l’attenzione dei turisti sulla città», scrisse Alfred Andersch, uno dei più famosi scrittori tedeschi del dopoguerra, nel saggio Sulle tracce dei Finzi-Contini. Molti visitatori stranieri associano quindi Ferrara a Il romanzo di Ferrara di Bassani, cercano il giardino dei Finzi-Contini e, non trovandolo, rimangono delusi.
Ma il visitatore straniero che ha modo di fermarsi più a lungo, scopre, al di là delle vie narrate da Giorgio Bassani, anche nuove tracce che portano ad altri racconti, romanzi, saggi e, perché no, anche a poesie non ancora scritte. Nelle città che si affacciano sul Po, viene ancora attribuito un significato particolare alla lentezza che trova forse la sua migliore espressione nella “cultura della bicicletta”. A Ferrara si contano così tante biciclette come in nessun’altra città italiana: non si tratta mai di biciclette di lusso o mountain-bike raffinate; due ruote e un telaio non troppo arrugginito sono sufficienti per la maggior parte dei ciclisti; anche luci e dinamo non sempre funzionano a dovere. Su questi veicoli – che in Germania verrebbero considerati un’infrazione a tutte le regole della circolazione – si spostano con grande disinvoltura distinti impiegati di banca ed eleganti commesse di boutique alla moda, che si recano al lavoro. Gli anziani sono maestri nell’arte del passeggio in bici: si muovono sfidando il limite dell’immobilità, per potersi intrattenere in tutta tranquillità con il ciclista a fianco. Nell’era dell’alta velocità, per i ciclisti della Bassa padana il concetto del tempo è legato a una cultura ormai tramontata: muoversi, mantenendo ancora una parvenza di immobilità, senza sacrificare la comunicazione allo sviluppo.
Che, in passato, la bicicletta sia stata qualcosa di diverso da un attrezzo ecologicamente corretto e utile per mantenersi in forma, lo si può apprendere osservando il gusto e la flemma con cui montano in bici gli abitanti dei villaggi lungo le sponde del Po. Ma, appena giunti sulle principali arterie di collegamento, questa flemma ammirevole si trasforma in una ridicola nostalgia, in un anacronismo, nella dittatura del tempo del Ventesimo secolo.
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Carl Wilhelm Macke
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