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da: architetto Michele Pastore (presidente di Ferrariae Decus)

Voci dalle Pietre: la mostra di Marmi Romani e Bizantini che, dopo essere stata a Palazzo Municipale, riaprirà il 26 febbraio a Palazzo di Ludovico il Moro vuole cercare di togliere dall’oblio la più antica origine della città di Ferrara. Se gli anni dal ‘400 al ‘500 sono stati la consacrazione della capitale rinascimentale degli Estensi, su cui molto abbiamo indagato e conosciuto, molto meno si sa di quei frammenti, fotografati ed esposti, che sono le tracce di una città medievale che ha le sue origini molti secoli prima.
Sono 19 i pannelli che fanno rivivere la nostra storia urbana medievale. Storia affascinante e appena percepita che però apre un mondo complesso che andrebbe approfondito perché cela ancora l’origine dello sviluppo di Ferrara. Fra i capitoli che emergono, particolare rilievo assume l’iscrizione epigrafica che “riporta un decreto emanato dal Consiglio dei Sapienti di Ferrara, confermata con giuramento del popolo riunito in generale assemblea, compilato e scritto da maestro Stefano giudice e notaio perché ne conservi perenne memoria” (tratto da A. Franceschini “I frammenti epigrafici degli statuti di Ferrara del 1173”, Ferrariae Decus e Deputazione Provinciale Ferrarese di Storia Patria, Ferrara, 1969).
mostra_pietreTale iscrizione riporta con precisione la data in cui fu scolpita: 13 maggio 1173. E’ un vero e proprio contratto sociale scritto sulla pietra: sulla fascia marmorea addossata al fianco sud della Cattedrale di San Giorgio lungo piazza Trento e Trieste, oggi seminterrata (la quota originale della piazza era inferiore a quella attuale di oltre un metro) e ricoperta dalle “botteghe” porticate addossate allo stesso fianco della Cattedrale. Ancora al di sotto della epigrafe è collocato un sedile in pietra, usato dai fedeli in attesa di entrare in chiesa.
Questo prezioso e unico complesso epigrafico e architettonico si sviluppa per tutta la lunghezza della fiancata della Cattedrale, per circa 80 metri, saltando l’antica Porta dei Mesi per una altezza di 60-80 centimetri. E’ una straordinaria testimonianza da salvaguardare e valorizzare per la memoria delle origini della città. Lo storico cittadino A. Franceschini, partendo dalle notizie e dalle tracce scoperte da G. Baruffaldi nel 1696 e da G.M. Scalabrini attorno alla metà del 1700, nel 1968 concretizzò e diffuse la scoperta, durante i lavori di restauro di alcune botteghe, che raccontava una storia di Ferrara scolpita sul muro (La voce dalle Pietre). A. Franceschini in “Affidati ai marmi della Cattedrale i primi statuti comunali ferraresi” (Istituto Padano di arti grafiche, Ferrara 1969), si sofferma sui contenuti dell’epigrafe: veri e propri decreti che esprimono la volontà del popolo ferrarese (Consiglio dei Sapienti) di riconoscere benefici alla fabbrica della Cattedrale; di riconoscere al loro signore diritti giurisdizionali (che saranno poi ripresi con gli Statuti del 1287); di introdurre norme di diritto possessorio. Tali norme, derivanti più dal diritto romano che dal diritto longobardo, saranno poi precisate e ampliate negli statuti del Comune del 1287. Questi primi decreti, e i successivi del 1287, testimoniano come a Ferrara, così come nel sistema di quei primi “liberi comuni”, i nuovi ceti urbani attuarono, forse per la prima volta, i principi dell’autonomia di governo e di eguaglianza sociale. In questo periodo “la comunitas trionfò sul dominium” (L. Munford “La città nella storia”, Edizioni Comunità).
L’epigrafe è nel contempo testimonianza di come, dopo la caduta dell’Impero Romano, la Chiesa fosse la sola organizzazione universale capace di tenere assieme il popolo e di come anche l’autonomia ‘comunale’ di Ferrara avesse raggiunto importanti principi di socialità nell’autogovernarsi.
Come la costruzione delle mura segnò la nascita della forma fisica della città, passando dal disordine abitato della campagna all’ordine della città organizzata, cosi gli Statuti dettero vita per la prima volta a un insieme di principi regolatori.
Questo patrimonio deve essere salvaguardato, valorizzato e deve diventare nuovo interesse per gli studiosi, ma anche per i cittadini e per il turismo. Già alcuni negozi sotto i portici del Duomo hanno messo in evidenza al loro interno l’epigrafe, durante i lavori di rinnovo. Ma non possono restare episodi spontanei. Forse è necessario iniziare una fase di conoscenza completa della scritta (con il minor disturbo per i negozi interessati) con strumenti e tecnologie avanzate di lettura non distruttiva e fotografia, che potrebbe essere oggetto di apposita mostra e si potrebbe eventualmente proporre la riproduzione sulle vetrine di vetrofanie delle epigrafi retrostanti. Per poi intervenire con opportune norme edilizie che prevedano, in caso di interventi sui negozi, la messa in evidenza, la salvaguardia e il restauro dei frammenti.

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Redazione di Periscopio



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