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“La Diva del tango” (Faust Edizioni), di Michele Balboni, patrocinato dal Comune di Ferrara e dall’Ambasciata Argentina in Italia, ha un pregio indiscutibile. Ti impedisce, dopo averlo terminato, di usare impropriamente il termine ‘desaparecidos’. Termine che spesso utilizziamo per indicare un allontanamento, un’assenza quasi volontaria. Ancora, ti costringe a ricordare la storia, quella dell’Argentina e della sua dittatura degli anni Settanta, quando i bambini venivano ‘rubati’ ai genitori. Ti costringe a capire l’impegno ancor oggi costante delle “abuelas de Plaza de Mayo” guidate da Estela de Carlotto, le nonne alla ricerca dei nipoti oggi adulti. Ti costringe a riflettere sul valore dell’identità famigliare e territoriale. Sull’importanza di assomigliare a qualcuno, nei tratti del corpo e nel temperamento. Ti costringe a riflettere su quei valori a noi così cari, come l’autonomia e l’individualismo, che in verità reggono solo se siamo circondati da qualcuno che ci ama. Ma rivelano la loro debolezza laddove sono la conseguenza della sottrazione di legami, laddove il risultato sarà quella vecchiaia senza ricordi dell’infanzia, di cui tutti, anche i più cinici di noi, hanno bisogno. Balboni racconta tutto questo con la strategia del Tango, con la sensualità e la disperazione che lo contraddistinguono. Il Tango di Balboni non è quello di Rodolfo Valentino con la rosa in bocca, che tante generazioni ha fatto sognare. E’ quello ‘interiore’, che scorre nelle vene di MariSol, figlia di Inès e di un generale della dittatura argentina. Chi scrive ha letto il libro con la curiosità ingannevole di un titolo che riconduce a un romanticismo che, per fortuna, non c’è. Sono pagine interamente giocate sugli ossimori concettuali, sul contrasto tra disperazione ed energia. Perché la disperazione sprigiona energia, che volge a sua volta in bellezza, sensualità, ricerca. E’ un romanzo popolato di tante figure diverse, che fa da specchio alla vita dei giorni nostri; che gioca attorno alla ‘coppia’, che non è solo quella che si esibisce nel tango, ma è quella che si ricongiunge sul fronte degli affetti famigliari. Alla fine, al lettore rimane una domanda: esiste davvero una libertà assoluta, definitiva, a sua volta liberatoria?. Forse, le pagine suggeriscono, esiste solo nella conoscenza. Conoscenza delle nostre origini, conoscenza della nostra storia, conoscenza del mondo.
In copertina è l’immagine Madre e Hija, realizzata da Jorgelina Paula Molina Planas, una ‘nipote’ ritrovata, che ne ha concesso la divulgazione. Perfetta sintesi de “La Diva del tango”.

L’autore presenterà il libro sabato 15 novembre alle 21.45, alla Casona del Tango, via Smeraldina 35, Ferrara.

Ferraraitalia ha raccontato la storia vera a cui il romanzo si ispira [vedi]

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Camilla Ghedini



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