L’ANALISI
I numeri e le motivazioni del ‘partito degli astenuti’
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I risultati delle ultime elezioni regionali, dati che gli istituti di ricerca, studiando l’andamento della partecipazione elettorale in Emilia Romagna, una delle storiche regioni rosse, quella più strutturata e di modello, non esitano a definire clamorosi.
L’astensione esplode nel confronto: astenuti 2.150.000 con voti validi 1.200.000, quasi a dare eccezionale significato alle parole seggi vuoti e politiche spoglie.
Sui flussi: sul totale degli elettori cedono i due partiti andati bene nelle europee e cioè il Pd e M5s con il 15,5 e l’8% rispettivamente; la Lega nord prende da FI (2,3), Pd (1,2), Fdi (0,7), M5s (0,5).
Per una rapida consultazione, ecco un quadro generale del voto del 23 novembre 2014, quello europeo sempre del 2014, e quello regionale del 2010 e relativi confronti in variazioni assolute e relative.
Lo schema evidenzia quanto segue:
– il Pd ha perso oltre più della metà e un terzo rispetto europee 2014 e regionali 2010
e per Ferrara una maggiore differenza pari al 58,7%; rimane comunque di gran lunga il primo partito in tutte le nove provincie;
– la Lega nord può rivendicare il successo elettorale e nella Romagna sfiora il massimo storico; il candidato Alan Fabbri ottiene un risultato brillante nel ferrarese, la Lega ha superato FI in tutte le nove province;
– Forza Italia, in soli sei mesi i suoi consensi si sono ridotti del 63% ed otto elettori su dieci abbandonano il partito votato nel 2010; forte è la crisi del partito di Berlusconi e non è più perno all’interno della coalizione di centro-destra;
– il Movimento 5 stelle subisce un cospicuo arretramento e perde, in sei mesi, due elettori su tre, soprattutto a Piacenza, Ferrara e Parma;
– le forze della Sinistra radicale hanno perso tra 11/13%, un dato pesante stante i piccoli numeri dei tre partiti di riferimento.
Per quanto riguarda il ‘partito degli astenuti’, proviamo ad entrare nelle motivazioni che hanno spinto gli elettori-astenuti a rimanere a casa, seguendo, prima, un ordine di importanza, per poi darne una scala di valore da 1 a 10.
Ordine di importanza:
a) pensare “tanto vince il Pd” perché ancora una regione rossa;
b) gli scandali dei consiglieri regionali ed episodi di sperperi e privilegi;
c) le polemiche tra il Premier Renzi e la Cgil sulle politiche del lavoro;
d) l’esaurirsi del modello emiliano e l’idea di una forte discontinuità nel cambiamento;
e) un Grillo ormai antisistema ed un movimento non più capace ad intercettare la protesta;
f) la caduta del berlusconismo e una FI non più perno del centro-destra.
La scala dei valori per il Pd, FI e M5s trova alcune motivazioni comuni ed altre sono solo peculiari e così riassunte:
Partito Democratico:
punti 2 – tanto vince il Pd
punti 5 – gli scandali
punti 3 – polemiche Renzi / Cgil + l’esaurirsi del modello emiliano
Movimento 5 Stelle:
punti 3 – tanto vince il Pd
punti 6 – Grillo antisistema e non intercetta la protesta
punti 1 – gli scandali
Forza Italia:
punti 4 – tanto vince il Pd
punti 3 – gli scandali
punti 3 – la caduta del berlusconismo e non più perno del centro-destra
Va, infine, precisato che alcuni segnali anticipavano già un certo malessere nell’elettorato, anche tra quello di appartenenza ed in particolare:
– per la lunghezza della crisi economica e le risposte non adeguate per uscirne;
– la mancanza del lavoro per i giovani e i tantissimi ammortizzatori sociali che producevano mancato reddito, le povertà crescenti anche nel ceto medio;
– il dualismo nel Pd tra Bersani e Renzi sul cambiare verso e la discontinuità dal passato;
– i guai di Berlusconi e lo spezzatino del Pdl;
– la corruzione e gli scandali nella Pubblica amministrazione;
– nel Pd la forte caduta degli iscritti da alcuni anni e un nuovo ruolo delle primarie.
Per concludere possiamo dire che la quota di voti perduti attraversa, soprattutto, le tre maggiori forze politiche e cioè Pd, M5s e Fi mentre il guadagno passa nelle mani della Lega nord che meglio ha interpretato il disagio sociale e la protesta, intercettando la gran parte degli elettori moderati ma anche, se pur in minima parte, dal centro-sinistra e da Grillo, mentre la Sinistra radicale, che somma ben tre partiti e forse altri spezzoni dei verdi, è ormai spinta al nanismo dei piccolissimi numeri.
Certamente la disaffezione è anche sintomo della caduta della rappresentanza democratica che, però, non è solo nella presenza delle forze politiche nelle istituzioni ma attraversa anche le forze sociali tutte e questo resta il principale scoglio per poter guardare oltre e ripartire dall’inizio per il futuro del Paese.
Fonti: Istituto Cattaneo – Centro italiano studi elettorali dell’Università Luiss – altre società di sondaggio e marketing politico – Rassegne stampa – Fondazioni
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Enzo Barboni
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