Torniamo indietro negli anni, ai tempi delle spie, quando si spiava e si lasciava spiare, quando, nei primi anni della glasnost, si aprivano speranze per un cambiamento politico nell’Europa dell’Est, votato all’apertura e alla trasparenza verso i cittadini. E rivediamo “La casa Russia”, tratto dall’omonimo romanzo di John Le Carré, con occhi diversi.

Siamo a una fiera di Mosca, dove i libri fanno da padroni, dove l’inglese Nicki Landau (Nicholas Woodeson) riceve dall’affascinante Katya Orlova (Michelle Pfeiffer) tre quaderni e una lettera da consegnare, segretamente, all’editore inglese Bartholomew ‘Barley’ Scott Blair (l’affascinante e brizzolato Sean Connery). Rientrato a Londra, Nicki non riesce a trovare Barley e consegna tutto ai servizi segreti britannici, i quali li analizzano a lungo: si tratta di importanti dati scientifici, che testimoniano l’incapacità dell’Unione sovietica nel condurre una guerra nucleare e, quindi, l’inutilità della corsa agli armamenti da parte del blocco occidentale. Incredibile e importante scoperta. Barley viene, successivamente, ritrovato a Lisbona, dove vive tranquillo, da agenti inglesi della cosiddetta ‘Casa Russia’, il cui capo è Ned (James Fox), e da agenti statunitensi, con a capo il deciso Russell (Roy Scheider), che lo interrogano a lungo.
L’editore dichiara di non conoscere Katya, affermando però di aver incontrato pochi mesi prima, nel piccolo villaggio di scrittori chiamato Peredelkino, un intellettuale russo che tutti chiamavano Dante (Klaus Maria Brandauer), con il quale si era intrattenuto a discutere sulla pace mondiale e il tradimento verso il proprio Paese che potrebbe essere necessario per ottenerla. Dante aveva fatto promettere a Blair che avrebbe collaborato lealmente con lui, se egli avesse trovato il coraggio di agire. Dante, in realtà, è Jakov Saveljev, un fisico geniale, amato da Katya in gioventù, che ora lavora a Leningrado, dove aspetta l’editore, al quale consegna il quarto e più importante quaderno, rifiutando, però, di incontrare le autorità occidentali e chiedendogli ancora di pubblicare il suo manoscritto. Da un semplice e banale equivoco, Barley si trova, quindi, coinvolto dalle autorità inglesi e americane in un programma di spionaggio tra Stati uniti e Russia, con ascoltatori che ascoltano tutto, sempre, e in ogni momento. Una sorta di grande fratello onnipresente e onnisciente.

La storia dell’editore, infatti, si legherà così a doppio filo a quello del misterioso uomo e di Katya, che conquisterà anche il suo cuore. Il rischio di innamorarsi esiste e Barley cederà all’amore, tradirà il suo paese e salverà Katya, che porterà con sé nell’affascinante, ricca e bella Lisbona. Amore che trionfa. Come merita. “La casa Russia” racconta una storia di ‘spionaggio alla fine dello spionaggio’, in una Mosca di altri tempi, dove comunque si riconoscono strade e palazzi, con una forte e intensa alternanza di momenti di tensione e poetici e un’apertura di speranza per un mondo in cui è possibile far valere le leggi umane e sentimentali su quelle giuridiche. Perché molte strategie sotterranee sono spesso fallaci e bisogna diffidare. Perché all’amore non si comanda e a esso ci si deve, inesorabilmente, arrendere.
La casa Russia, di Fred Schepisi, con Sean Connery, Michelle Pfeiffer, Klaus Maria Brandauer, Roy Scheider, James Fox, John Mahoney, USA, 1990, 122 mn.
