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“… Ma anche così, Russia mia, sei la terra a me più cara …”. (Aleksandr Blok)

Sergej Dovlatov
Sergej Dovlatov

Una sorpresa, questo Sergej Dovlatov (1941-1990), una scoperta in una grande libreria moscovita mentre cercavo, con impazienza, un libro in italiano (qui non sono tanti). Eccomi incappare, fortuitamente e fortunatamente, nella traduzione di “La valigia”, un libriccino edito da Sellerio che qui costa quasi il doppio del suo prezzo di copertina in Italia, ma che mi incuriosisce e mi tenta troppo. Mi porta alle prime pagine e poi alla cassa.
Percorrerò strade attraverso gli oggetti, tante vite e storie. Quella che ho fra le mani (e che leggerò in una domenica d’un fiato), è una raccolta di 8 racconti, con tanto di premessa, che ruotano intorno ad altrettanti oggetti. Quelli che Dovlatov, scrittore ebreo russo emigrato negli Stati Uniti, mise nella sua valigia alla partenza dal suo paese e custodì per lungo tempo prima di ri-accarezzarli e percorrere la loro storia, e con essi la propria. A ogni episodio corrispondono un oggetto e un personaggio della sua vita diventata vagabonda quando, alla partenza da Leningrado, di fronte al funzionario dell’Ufficio espatrio che gli indicava di poter prendere con sé al massimo tre valigie, si rese conto che a lui ne bastava solo una. Pensò “ma davvero è tutto qui? E risposi: sì, è tutto qui”.
Eccoci allora alle prese con i calzini finlandesi, la “roba occidentale” che si tentava di trafficare, in periodi difficili, per guadagnare qualche rublo in più, o con le scarpe del sindaco di Leningrado, rubate sotto il tavolo durante l’inaugurazione della stazione della metropolitana intitolata a Lomonosov. A far sorridere ci pensa ancora il bel vestito scuro a doppio petto, regalato allo scrittore (a suo dire vestito malissimo) dal direttore del giornale presso il quale lavorava, per partecipare a cerimonie funebri a o spettacoli al Kirov. La cintura da ufficiale proviene dalla sua esperienza come sorvegliante nei campi di lavoro, la camicia di popeline dalla moglie Elena che gliela regala prima di lasciarlo ed emigrare in Israele. Il colbacco di gatto giunge a seguito di una rissa, i guanti da automobilista da una festa di fine anno organizzata dai colleghi di redazione. Grottesco della vita mescolato con una bizzarra natura filosofica dei suoi simpatici personaggi.
Una valigia di ricordi e pensieri sparsi, pezzi di vita di un simpatico squattrinato all’epoca dell’Unione Sovietica, con le sue abitudini, qualche ubriacatura e molte critiche alle stranezze e alle miserie del regime. Il tutto filtrato da un incredibile e coinvolgente humour. “Questa valigia”, commenta Laura Salmon nella postfazione, “così personale e unica, diviene una metafora della diasporica condizione umana. … Rispetto al tempo siamo tutti emigranti. Tutti emigriamo nella nostra giovinezza, da un passato fatto di persone, di immagini, di episodi e sentimenti che il ricordo ha la forza di resuscitare e immortalare. A dispetto della falsa sicurezza che ci ispira la fisicità dei luoghi, il tempo cancella inesorabile la fisionomia delle case, dei quartieri, delle città”. Uno scrittore originale, un  “dissidente dalla vita”, dotato di un atteggiamento di vita amaro e dissipatore, che nella sua immensa bravura ricorda Carver e Cechov. Da leggere.

S1113-3ergej Dovlatov, La valigia, Sellerio editore, 2014, 191 p.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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