LA STORIA
La caleidoscopica casa delle arti animata da pittori, fotografi, architetti
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In un freddo pomeriggio di metà novembre, i promotori di Rrose Sélavy ci hanno presentato i mille volti diversi di un’associazione pronta a cambiare il panorama artistico ferrarese. I loro nomi sono noti in città: il musicista Roberto Manuzzi, l’architetto Giovanna Mattioli e Chiara Sgarbi che domani alle 18 inaugura la sua mostra di illustrazioni “Im-probabile”
Entrare nell’accogliente sede dell’associazione Rrose Selavy ricorda il ritorno a casa dopo una giornata stressante e faticosa. La piccola stanza dalle luci soffuse, arredata con quadri che ritraggono volti di Paesi e culture lontane, è solo uno dei dettagli pronti a conquistare chiunque si presenti in via Ripagrande 46. L’indirizzo, forse ancora poco noto ad alcuni, è ben conosciuto da chi frequenta le attività che l’associazione promuove per diffondere l’arte e la cultura in tutte le sue forme e applicazioni. Perché, mettendo in gioco fantasia e originalità, Rrose Selavy non si limita ad aprire le porte agli artisti emergenti programmando mostre e dibattiti, ma arricchisce con corsi, laboratori e incontri un programma dalle mille sfaccettature diverse. Un programma che, in un piovoso pomeriggio, mi è stato presentato dai tre promotori Giovanna Mattioli, Chiara Sgarbi e Roberto Manuzzi. Così, nell’attesa del tè caldo preparato da Giovanna che, seduta alla scrivania, mi ha accolto con gentilezza e semplicità, mi sono avventurata alla scoperta di un’Arte che i nostri sensi ‘anestetizzati’ e privi di gioia non sono più abituati a vedere…
Rsose Sélavy è un’associazione molto giovane, ma già caratterizzata da un programma amplissimo o originale. Chiara, come è nata questa idea che, in tutto il panorama ferrarese, rappresenta senza dubbio una voce fuori dal coro?
Da anni avevo un sogno: desideravo creare un luogo che fosse la sede di incontri volti a condividere interessi e iniziative con le altre persone. Il mio obiettivo è sempre stato quello di curare attività a sfondo culturale e l’occasione mi è stata offerta proprio da questo spazio. Ottenere il comodato d’uso è stato il punto di partenza per l’avvio di un’iniziativa che permette a ognuno di noi di mettersi in contatto con gli altri. A dir la verità, non è stato facile cominciare: ho dovuto affrontare alcune delusioni e prendere ardue decisioni. Ma ho fatto anche scoperte interessanti. Oggi siamo rimasti in quattro, tutti accomunati dal modo di pensare: io, Giovanna, mio marito (Roberto Manuzzi, ndr) e Morena Morelli, che è un uccel di bosco.
Ma l’associazione non è il vostro impiego principale, quali attività lavorative svolgete?
Chiara – Io mi occupo di didattica e di psicologia dell’arte, organizzando laboratori nelle scuole e corsi di formazione per gli insegnanti. Collaboro con case editrici, come Artebambini, occupandomi delle illustrazioni, e faccio parte del comitato di redazione di Rivistadada. Parallelamente, però, mi immedesimo come artista e porto avanti un progetto creativo che esula dall’editoria: domani (sabato 22), per esempio, inaugurerò presso la sede di Rrose Sélavy la mia mostra personale. Morena, invece, lavora al Teatro comunale.
Giovanna – Per quanto riguarda la mia professione, sono laureata in architettura e mi occupo prevalentemente della progettazione dei giardini. In questo periodo, il mio lavoro non offre tante opportunità, ma, pur avendo diminuito il ritmo, mi capita spesso di collaborare con l’Università di Bologna. Ho seguito corsi sulla divulgazione dell’arte dei giardini e, da una decina di anni, mi occupo della rassegna cinematografica “Giardini al Cinema” promossa da Garden Club Ferrara.
Roberto – Sono un sassofonista e insegno presso il Conservatorio di Ferrara. Per molti anni ho avuto l’opportunità di impegnarmi come polistrumentista del cantautore Francesco Guccini, realizzando molti dei suoi lavori discografici.
Rrose Sélavy è un nome bizzarro, che non si dimentica facilmente. Da dove nasce questa scelta Roberta?
Si tratta dello pseudonimo con cui Marcel Duchamp era solito firmare alcune delle sue opere. L’idea nasce dalla volontà di far capire alla gente che tutto, se guardato sotto un’altra luce, può diventare arte. E’ una visione del mondo che somiglia a quella ritratta dai Dadaisti: un’immagine così forte da farci cambiare atteggiamento nei confronti della realtà, aiutandoci a cogliere l’aspetto estetico delle cose.
Un nome che mette in luce un importante obiettivo. Si può dire che, oltre all’arte e all’amore per l’estetica, la vostra associazione persegua anche uno scopo ‘sociale’?
Giovanna – Certo, il nostro sogno è quello di creare un rapporto con gli altri. Siamo convinti che, organizzando laboratori e incontri, si crei uno scambio di anime pronto a diventare uno scambio culturale e amichevole. Personalmente, ne ho avuto la prova durante il corso avviato per realizzare origami, dove abbiamo “lavorato” la carta in modo allegro e conviviale, riscoprendo la bellezza dello stare insieme. Inoltre, cerchiamo di dare voce a chi vuole trasmettere qualcosa alla collettività. Tuttavia, non siamo una galleria d’arte e la nostra attività è limitata. Poiché abbiamo minori disponibilità, siamo costretti a scegliere tra le proposte che ci sono avanzate da giovani artisti che desiderano farsi conoscere. Una scelta necessaria, se si pensa che ci allochiamo ogni spesa al fine di non gravare su chi bussa alla nostra porta. Proprio per questo motivo, godiamo della libertà di dire di “no” a chi vogliamo, soprattutto a chi cerca di approfittarsi della nostra disponibilità. Certo, potrebbe essere considerato discriminante, ma, non pensando al lucro, la riteniamo una ragionevole pretesa.
La vostra attività enfatizza il ruolo svolto dall’arte nella quotidianità. Quanto può influire quest’ultima sul rapporto con le persone?
Chiara – Ritengo che l’arte sia al servizio dell’uomo: arricchisce le persone, anche se talvolta può essere difficile da decifrare. Pensate all’arte contemporanea: nonostante le critiche mosse nei confronti degli artisti più recenti, è necessario ricordare che si tratta di creazioni non storicizzate. Anche dietro ai lavori più bizzarri si nascondono dei presupposti e, non a caso, sono specializzata in questo settore.
Le vostre iniziative puntano anche a riscoprire il fascino delle arti minori. Quali sono le attività che, finora, avete realizzato?
Giovanna- In questi mesi, abbiamo trovato spazio per ogni tipo di arte, come la fotografia. Hanno riscosso un grande successo gli schizzi di acquerello pubblicati da Sara Menetti, una ragazza che cura un’apposita rubrica in rete. Si tratta di strisce simili a fototessere che carpiscono eventi quotidiani ritratti sul posto e colorati successivamente. Poco tempo fa, abbiamo realizzato un apposito libro contenente gli acquerelli realizzati nel corso di un viaggio a Tokio, ma non manca l’interesse mostrato da altri giovani artisti. Certo, entrare nell’interesse dei ragazzi non è facile, ma cerchiamo di attrarli attraverso corsi e attività. Un tentativo che vorrei realizzare anche all’università, nonostante le opportunità siano minori.
Ma Rrose Sélavy si spinge oltre e la pagina Facebook pubblicizza un corso di (RI)eduzione all’ascolto, curato da Roberto Manuzzi. Roberto, quali temi saranno trattati durante questa attività?
Il corso sarà imperniato sulla musica e sull’arte del sentire. Partendo da una provocazione volta a scoprire gli elementi che accomunano Stockhausen a Lady Gaga, l’attività che proporrò presso la sede dell’associazione affronterà la fenomenologia della musica per sgombrare il campo dai pregiudizi e scoprire i parallelismi tra esperienze all’apparenza molto diverse tra loro. Tra letture e spezzoni video, racconterò realtà misconosciute assieme a fenomeni sopravvalutati, ricordando che i “generi” in quanto tali non esistono.
Anche se Rrose Sélavy non si presenta come una galleria d’arte, gli ultimi mesi hanno visto l’esposizione di molteplici mostre. Quali sono gli artisti che l’associazione ha lanciato?
Giovanna – In effetti, le mostre non sono mancate e il 2015 ci vedrà ancora impegnati in queste iniziative. Nel corso degli ultimi mesi, abbiamo esposto quadri realizzati da artisti singoli e da molteplici gruppi: dall’illustratrice Eva Montanari alle opere personali di Sonia Possentini, abbiamo dedicato grande attenzione anche all’attività svolta da Giovanni Nascinbeni, il quale ha esposto quadri a olio. Oltre agli acquerelli di Sara Menetti e Dario Grillotti, ci siamo occupati di un’altra iniziativa collettiva, che ha visto in primo piano Terry Mai e Laura Ragazzi. Recentemente, abbiamo dato spazio a Ricardo Rangel e alle sue fotografie raccolte nell’esposizione “Lo sguardo perturbante”. Si tratta di immagini che raccontano il Mozambico, terra natale dell’artista, nell’esperienza di ordinario orrore nato dalla mancanza di libertà. Rangel ha immortalato istanti della quotidianità senza voler fare spettacolarizzazione: non sono fotografie che fanno inorridire, ma nascondono una forte ironia che si percepisce grazie al ragionamento e alla tragica storia narrata. E’ la dimostrazione che lo scandalo denunciato da Ricardo non è esplicito.
Bizzarra sembra l’attività “Una sera, un giardino”, articolata in una serie di incontri tenuti da Giovanna, l’ultimo dei quali si svolgerà il 3 dicembre. Su cosa verte questa iniziativa che pone al centro dell’attenzione il giardino? Quanto influisce esso sulla nostra interiorità?
Progettare giardini è alternativo: non è piantare alberi in un campo da calcio. Il giardino racconta di noi e, attraverso questi incontri, imperniati su uno scambio di opinioni per imparare a “vedere” partendo dal “guadare”, ho intenzione di dimostrare quanto questo elemento influisca sul paesaggio. L’attività, che non vuole essere un corso accademico, partirà proprio dalla presentazione di un’opera, come Majorelle, e ognuno scoprirà qualcosa cui non ha mai fatto caso.
Infine, uno sguardo alle iniziative future promosse dall’associazione. Qual è il programma dei prossimi mesi? Sarete “aiutati” dalle istituzioni e dalla pubblicità?
Chiara – Sabato alle 18 inaugurerò la mia mostra personale presso la sede di Rrose Sélavy, intitolata “Im-probabile”. Ma le idee future sono molte: vogliamo lanciare un workshop aperto a tutti in cui costruire un taccuino. L’iniziativa, promossa da due ragazzi di Bologna, si somma ad altri progetti che valuteremo con il solito criterio “ci piace, non ci piace”, cercando di mantenere l’impronta che ci ha sempre contraddistinto. Inoltre, mi piacerebbe avviare un corso di Arte Contemporanea, ma sarà necessario raggiungere i numeri. D’altronde, fino a oggi, abbiamo puntato sul “passaparola” perché non abbiamo avuto grande appoggio dalle istituzioni. Tuttavia, i giornali si sono resi molto disponibili. Certo, dovremmo pubblicare di più, ma, essendo molto impegnati, per ora ci riteniamo soddisfatti. Dobbiamo pazientare: per avviare un’attività servono due o tre anni.
Giovanna – In ogni caso, anche se non siamo una galleria d’arte, chiunque abbia un progetto originale che desidera condividere è il benvenuto: vogliamo chi prova, chi esperimenta. E la citazione di Kennedy incorniciata nel bagno della sede non fa che ricordare il nostro obiettivo: “C’è chi guarda alle cose come sono e si chiede “Perché?”. Io penso a come potrebbero essere e mi chiedo “perché no?”
Le foto sono dell’Associazione Rrose Sélavy (dal diario della pagina Facebook)
Per saperne di più, visita la pagina Facebook dell’associazione [vedi]
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Martina Pecorari
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