LA STORIA
Amore e speranza
ai tempi del terremoto,
film ferrarese
su quelle notti di maggio
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Giovani, entusiasti e molto occupati. Tre aggettivi per il team del film Terremotati, la notte non fa più paura, progetto low budget, in uscita a dicembre, sul quale stanno lavorando senza sosta gli attori Stefano Muroni e Walter Cordopatri, il regista Marco Cassini, il giornalista Samuele Govoni e la produttrice esecutiva Ilaria Battistella. Tutti tra i 30 e i 35 anni, un po’ ferraresi, un po’ aquilani, ma soprattutto italiani, professionisti titolati ed emergenti alle prese con i problemi del Terzo Millennio.
Lavoro, precariato, integrazione sono il cuore del film girato a Mirabello e dintorni, una storia d’amicizia, amore e speranza di 75 minuti giocata sullo sfondo del terremoto meno mediatico di tutti i tempi. Inutile ricordare quanto le scosse abbiano cambiato la vita di intere popolazioni in una delle regioni più laboriose e produttive d’Italia, dove in passato migranti italiani e stranieri hanno avuto la possibilità di costruirsi un’esistenza migliore. Le cose, è evidente, non sono più come prima: lavoro ce n’è molto poco, ma nessuno si arrende. L’accanimento tellurico, affiancato alla crisi economica, ha scatenato una reazioni a catena di incertezze tali da enfatizzare una volta di più il lato peggiore dei mali del Paese cui certo la classe politica, inadeguata e autoreferenziale, non risponde come dovrebbe.
“L’idea del film è maturata leggendo le cronache di quei giorni, molte delle quali scritte da Samuele”, racconta Stefano Muroni, originario di Tresigallo diplomato al Centro sperimentale di Cinematografia di Roma, la più antica scuola di cinema fondata nel ’35, oggi diretta da Giancarlo Giannini. “Inizialmente volevamo chiamarlo Tute Blu, ma nel corso dei tanti sopralluoghi abbiamo toccato con mano lo stretto rapporto tra imprenditori e operai così abbiamo optato per un titolo differente, ma non è detto sia definitivo”. L’Emilia colpita dal sisma è fatta di piccole e medie imprese con fatturati importanti, aziende nelle quali le persone si chiamano per nome e non sono soltanto un numero come accade nelle fabbriche metropolitane. “Abbiamo incontrato operai e imprenditori, parlato con loro, raccolto tantissime testimonianze prima di metterci a lavorare sulla sceneggiatura – spiega – La parte più difficoltosa è stata e rimane quella dei finanziamenti”.
Un anno e mezzo di appuntamenti, istituzionali e non, di porte chiuse in faccia e di speranze riaccese. Un puzzle difficile da comporre e proprio quando la resa sembrava inevitabile un piccolo grande miracolo. “Un’insegnante di Codigoro, Maria Rita Storti, convinta della bontà psicosociale del progetto ci ha finanziato con 20 mila Euro sbloccandone altri 5mila della Provincia promotrice di un bando al quale abbiamo partecipato – continua – Ci sarà poi il contributo di un imprenditore di Mirabello, Vittorio Gambale che ha aderito al progetto, inoltre un festival di fama nazionale avvierà presto una campagna di crowdfounding, che comprende il nostro film”. C’è soddisfazione nella sua voce, ma soprattutto una consapevolezza. “Nel rifiutarci il sostegno economico, molti tra gli interpellati hanno detto che la gente ha voglia di ridere. Personalmente penso sia il momento di uscire dall’era dei telefoni bianchi del ventunesimo secolo e dare contenuti diversi, di spessore, capaci di lasciare una traccia – conclude – Spetta alla nostra generazione decidere di rivisitare il sistema e cercare spunti di riflessione su quanto sta accadendo. Questo è uno dei motivi per cui abbiamo voluto approfondire le conseguenze di una ferita come quella subita dall’Emilia. Quanto raccontiamo non è una storia locale, riguarda tutti”. Il lavoro, la sua sicurezza, la dignità e i rapporti umani che ne derivano, sostiene con convinzione, sono il filo conduttore di ogni esistenza. Nel bene e nel male.
Pochi soldi, grande impegno e molte emozioni. Merce preziosa di questi tempi, come lo è il bisogno di esserci da protagonisti. E’ questa la notizia e vale ben di più di un incasso milionario al botteghino. “Aderire al progetto è stato un fatto naturale, da abruzzese so bene cosa significa ritrovarsi improvvisamente senza certezze, inclusa quella di non sapere in quale letto dormirai: tutto è provvisorio”, spiega il regista e attore Marco Cassini compagno di studi di Muroni con, tra le altre, un’esperienza maturata negli States sul set del popolare Desperate Housewives. “Le conseguenze del terremoto sono vicine al mio vissuto, ho messo mano alla sceneggiatura cercando di restare il più possibile fedele alla realtà storica di quanto è accaduto”. Orari, date, eventi corrispondono ai giorni più bui dell’Emilia stravolta dalle scosse e fanno da sfondo alla vicenda ambientata in una fabbrica, dove un giovane meridionale vive gran parte delle sue giornate e delle sue relazioni. “Siamo in una regione dove l’integrazione è possibile più di altrove, c’è dialogo tra datori di lavoro e operai, purtroppo però la via d’uscita dalla crisi è impedita anche dal contesto con il quale ci si deve per forza misurare”, spiega. Come dire: ci sono ostacoli più forti della volontà, il principale ingrediente con cui a poche settimane dal sisma l’Emilia in ginocchio ha reagito con l’allestimento di capannoni d’emergenza per continuare l’attività. E’ un fatto, ed è il sintomo di una società con una marcia in più, in totale dissonanza con la lentezza della risposta istituzionale. Volendo osservare simbolicamente gli eventi, il terremoto traduce l’instabilità sociale da cui siamo scossi intimamente, sono crollati lo stile di vita e le nostre certezze. Ora è tempo di ricostruire, dentro e fuori di noi, una sfida raccolta dal team di Terremotati e riletta con la flessibilità dell’ottimismo. C’è da augurarsi che la speranza colmi con i dovuti cambiamenti, unica via percorribile, il futuro prossimo.
Il film è una storia dei nostri tempi, presentata in tour con ogni mezzo di comunicazione, in rete ha una sua pagina facebook Terremotati – il film e nell’imminente festival Diversamente in Musica, voluto da Lega nazionale Disabili al quartiere fieristico di Ferrara dall’11 al 13 settembre, avrà uno spazio per farsi conoscere tra un concerto di Cristiano De Andrè e uno dei 99 Posse. L’obiettivo, come ovvio, è far crescere il budget. “Abbiamo stampato 5mila flyer da distribuire”, spiega il giornalista Samuele Govoni. “Quanto verrà raccolto dalla campagna crowdfonding, sarà destinato alla post produzione e alla promozione – spiega – a quel punto saremo anche su youtube per permettere a chi ci sostiene di seguire i lavori in tempo reale. Il primo dei prossimi passi è naturalmente la ricerca di un canale di distribuzione nazionale”.
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Monica Forti
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