RACCONTI LIDESCHI (PRIMO) ovvero I DIARI VENTURI
E il sole ritorna dopo le nuvole e la spiaggia riaccoglie i dannati della terra con le loro false mercanzie di un lusso datato e volgare che piace tanto alla casalinga di Voghiera, pronta a storcere il naso di fronte all’amica mentre il nero le si avvicina per venderle improbabili prodotti, tenuto al guinzaglio della necessità di sopravvivenza da mafie ben collocate tra Nord e Sud. Non posso chiudere gli occhi o ascoltare in cuffia la mia amatissima Marta (naturalmente Argerich). Il giornale che ho davanti racconta di barriere mobili che il solerte Comune di Ferrara intende innalzare sul sagrato della cattedrale per difendere dalle deiezioni, non animali ma umane, quei monumenti e quella storia e del viaggio che i Bronzi di Riace dovrebbero intraprendere per la necessità economica di rendere appetibile l’Expo milanese. All’offesa della bellezza, al mercimonio del pensiero, alla volgarità degli iloti (ah Giacomino, come avevi ragione nel disprezzare quel genere di umanità!) nulla può essere difesa se non la consapevolezza della piccolezza della stirpe umana. E il laico pensiero sulla necessità e democraticità della ragione si spezza contro la barbarie del branco o sulla volontà di rendere cosa e cosa mercificata la bellezza. La stolidità dell’espressione di Maroni, il ghigno di Sgarbi che propongono come soluzione “b” al rifiuto del viaggio dei Bronzi di porsi loro nudi per sei mesi, eccita al riso solo gli stolti o i mentecatti. Che vergogna e che tristezza. Un giovane prete don Zanella, risponde lui, non certo laico, che le barriere servono a poco ma che bisogna cambiare la mentalità del branco. Ve l’immaginate i gradini del Duomo di Firenze o di San Marco a Venezia, dove le orde dei turisti consumano bevute e pasti lasciando l’immondizia del loro scervellato aggirarsi tra i monumenti per consumarli, se fossero recintati? Ma va là! Basterebbe munirsi di sorveglianza umana e prevenire il degrado con multe e sanzioni, mettere contenitori, cambiare mentalità. Delle opere di cui la Lombardia è piena, perché strappare dalla loro sede naturale i capolavori di Riace? Ma ancora una volta, mentre mi accingo a lasciarmi incantare dalla giovane Marta che esegue il concerto di Chopin, il bambinetto dell’ombrellone accanto studiosamente con la paletta leva la sabbia dalla passerella e mi guarda con un sorriso che invita all’approvazione. Cadono le difese e un “bravo!” mi esce con voce tenera e convinta.
Qualcuna d’altronde ha stupendamente descritto la ragione e il sentimento.
