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Un’anziana signora non andava là sotto dal 1953. Aveva chiuso per sempre con quella parte di sé, che le aveva procurato in gioventù un’inondazione. E lei era naufragata in un mare di vergona, oltre il pudore, oltre il piacere che aveva finalmente provato. Chiuso per sempre. Dopo tanti anni, praticamente una vita, aveva raccontato la sua storia a Eve Ensler. E si era sentita meglio.
L’inondazione è uno dei “Monologhi della vagina”, sono parole di vita, spesso dolorosa, che non puoi leggere e basta. Sai che non è un testo per la scena, ma è un di velo di Maya che si è squarciato per rivelare l’ignoto, il calpestato, l’intimo. Sai che hai in mano una cosa che ad alcune ha fatto sfiorare la morte, ad altre trovare un’identità, a molte ha dato la possibilità di parlare. Ma quando si tratta di sè non è mai semplice. Chi legge lo sa, e la scelta del testo a cui dare voce è per questo libera, di pancia. Bisogna sentirsela di leggere le parole di una donna bosniaca rifugiata in un campo profughi durante la guerra in Jugoslavia. Anche raccontare un parto, il dolore fisico più bello che una donna possa sentire, è una lettura che mette alla prova, rivivi quando è successo a te o a una tua amica e sai che è proprio così come lo stai dicendo al pubblico.
I monologhi però sono anche pratici, come le donne. Il ‘seminario della vagina’ esiste e non è per niente banale. Ha aiutato le donne a vedersi e più ancora a immaginarsi: chi lo racconta trova finalmente se stessa, chi lo ascolta capisce quanto la paura di scoprirsi possa durare anche tutta la vita.
L’unicità che ciascuna donna ha nel raccontarsi trasforma i “Monologhi” in un dialogo moltiplicato all’infinito fra chi interpreta e chi ascolta. I monologhi sono orizzontali perchè non c’è mai un sentimento che non hai provato, un pensiero che non hai fatto, un timore che non ti ha attraversato e che non sia stato confessato nei testi. Non è un caso se quest’opera dall’America è stato accolta quasi in tutto il mondo ed è ancora rappresentata a distanza di negli anni.

Il gruppo VDay Ferrara crede che si debba continuare a proporre sul terrirtorio i “Monologhi”. È il quinto anno che, in sintonia con gli altri VDay internazionali, le volontarie del VDay Ferrara curano gli spettacoli il cui ricavato sarà devoluto in beneficenza a progetti a sostegno di vittime di violenza. Perché memoria e riflessione non si spengano e perchè ascoltare è anche un po’ curare.
Le donne ne hanno bisogno.

Appuntamento domenica 21 febbraio alle 18.30 presso lo spazio teatrale dell’associazione Ferrara Off.

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it