Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento. Henri Cartier-Bresson
E’ esposta a Roma, dal 26 settembre 2014 fino al 25 gennaio 2015, presso il Museo dell’Ara Pacis, la mostra retrospettiva Henri Cartier-Bresson.
L’abbiamo visitata a pochi giorni dalla sua inaugurazione, in un settembre romano ancora tiepido, di quelli che invitano a stare fuori, all’aria aperta, e a guardare tutto con altri occhi. Se poi si ama (si adora) la fotografia e si sa che, nella Capitale, espone il suo Maestro, i giochi sono fatti. Pronti, via, allora. Ed eccoci in fila.
Il genio per la composizione, la straordinaria intuizione visiva e la capacità di cogliere al volo i momenti più fugaci come i più insignificanti fanno di Henri Cartier-Bresson (1908-2004) uno dei più grandi fotografi del ventesimo secolo. Nel corso della sua lunga carriera, percorrendo il mondo e posando lo sguardo sui grandi momenti della storia, Cartier-Bresson è riuscito a unire alla potenza della testimonianza la poesia.
Tre periodi scandiscono la sua opera: il primo, dal 1926 al 1935, durante il quale Cartier-Bresson frequenta i surrealisti, compie i primi passi in fotografia e affronta i suoi primi grandi viaggi; il secondo, dal 1936 al 1946, corrisponde al periodo del suo impegno politico, del lavoro per la stampa comunista e all’esperienza del cinema; il terzo periodo, dal 1947 al 1970, va dalla creazione della cooperativa Magnum Photos fino alla fine della sua attività di fotografo. Riduttivo sarebbe dunque individuare nella sola nozione di “istante decisivo”, che per lungo tempo è stata la chiave principale di lettura delle sue immagini, la sintesi del suo lavoro.
Questa retrospettiva ripercorre cronologicamente il suo percorso, per mostrare che non c’è stato un solo Cartier-Bresson ma diversi. E tutti meravigliosi.
La mostra propone, infatti, una nuova lettura dell’immenso corpus d’immagini di Cartier-Bresson, coprendo l’intera vita professionale del fotografo. Sono esposte oltre 500 opere tra fotografie, disegni, dipinti, film e documenti, riunendo le più importanti icone ma anche le immagini meno conosciute del grande maestro: 350 stampe vintage d’epoca, 100 documenti tra cui quotidiani, ritagli di giornali, riviste, libri manoscritti, film, dipinti e disegni.
Il percorso espositivo, ben fatto e davvero molto ricco, è diviso in nove parti.
Dopo un’Introduzione che sintetizza gli ingredienti della storia, ossia l’inclinazione artistica (“Ho sempre avuto la passione per la pittura” scrive Cartier-Bresson. “Da bambino, la facevo il giovedì e la domenica, ma la sognavo tutti gli altri giorni”), un assiduo apprendistato, un po’ di atmosfera del periodo, aspirazioni personali e molti incontri, le altre sezioni corrispondono alle diverse fasi della vita e del lavoro dell’artista.
La sezione I comprende le prime fotografie, con gli anni di apprendistato, i rapporti con gli americani a Parigi, le influenze fotografiche, il viaggio in Africa. Siamo negli anni Venti, sotto il doppio segno della pittura e della fotografia, praticate prima in modo amatoriale e poi sviluppatesi attraverso tappe fondamentali come il viaggio in Africa, tra il 1930 e il 1931. La sezione II, Viaggi fotografici, è dedicata al Surrealismo, alle peregrinazioni fotografiche in Spagna, Italia, Germania, Polonia e Messico. Grazie a René Crevel, conosciuto a casa di Jacques Émile Blanche, Cartier-Bresson comincia a frequentare i surrealisti nel 1926. E’ soprattutto l’atteggiamento surrealista a segnarlo: lo spirito sovversivo, il gusto del gioco, lo spazio lasciato all’inconscio, il piacere degli andirivieni urbani, la predisposizione ad accogliere il caso.
La terza sezione riguarda l’impegno politico. Come la maggior parte dei suoi amici surrealisti, Cartier-Bresson condivide molte posizioni politiche dei comunisti: un feroce anticolonialismo, un incrollabile impegno nei confronti dei repubblicani spagnoli e una fede profonda nella necessità di “cambiare la vita”. Dopo le violente rivolte organizzate nel febbraio del 1934 a Parigi dall’estrema destra, percepite come un rischio che l’ondata del fascismo europeo dilaghi anche in Francia, il suo impegno si fa più tangibile. Firma numerosi manifesti di “richiami alla lotta” e di “unità d’azione” delle forze di sinistra. Nel corso dei suoi viaggi in Messico e negli Stati Uniti, tra il 1934 e il 1935, le persone che frequenta sono molto impegnate nella lotta rivoluzionaria. Di ritorno a Parigi, nel 1936, la posizione di Cartier-Bresson si radicalizza e partecipa con regolarità alle attività dell’Associazione degli scrittori e artisti rivoluzionari, cominciando anche a lavorare per la stampa comunista. Nella sezione IV, dedicata alle guerre, scorrono le immagini del suo film sulla Guerra civile spagnola e si può vedere la sua attività durante la Seconda guerra mondiale (fotografo dell’esercito, prigioniero, fuggiasco, combattente della Resistenza) per documentare il ritorno dei prigionieri.
Nel febbraio del 1947, Cartier-Bresson inaugura la sua prima grande retrospettiva istituzionale al Museum of Modern Art di New York. Poco dopo, con Robert Capa, David Seymour, George Rodger e William Vandivert, fonda l’agenzia Magnum, che in poco tempo diverrà uno dei riferimenti mondiali per il fotoreportage di qualità. Cartier-Bresson decide di diventare un reporter a pieno titolo, impegnandosi nell’avventura della Magnum. Dal 1947 agli inizi del 1970, si susseguono viaggi e reportage in tutto il mondo, lavorando per quasi tutti i grandi giornali illustrati internazionali. Siamo così arrivati alla sezione V, quella del reporter. Senza accorgercene.
Segue la sezione VI, quella dedicata a Henri reporter professionista: è lui il primo fotogiornalista a entrare in URSS dopo la morte di Stalin. E poi Cuba, “L’Uomo e la Macchina” e la serie Vive la France. La fotografia dopo la fotografia (sezione VII) segna l’epoca della fine dei reportage e quella di una fotografia più contemplativa. Ricompare il disegno. Conclude la mostra, l sezione VIII, ricognizione, ovvero quella del tempo della riconsiderazione degli archivi (dai documenti al lavoro), delle mostre retrospettive e dei libri. Siamo arrivati all’iconizzazione di Henri Cartier-Bresson.
La mostra è accompagnata da un ampio ed esaustivo catalogo (pubblicato da Contrasto, foto) con saggi di studiosi, esperti e testi inediti di Cartier-Bresson.
Si muore tutte le sere, si rinasce tutte le mattine: è così. E tra le due cose c’è il mondo dei sogni.
Museo dell’Ara Pacis, Lungotevere in Augusta, Roma, dal 26 settembre 2014 al 25 gennaio 2015. Mostra realizzata dal Centre Pompidou di Parigi, a cura di Clément Chéroux, in collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson, promossa da Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e prodotta da Contrasto e Zètema Progetto Cultura.
Ringraziamenti vanno all’Ufficio stampa di Contrasto per il materiale fornito.
La foto di copertina è presa da Internet.
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Simonetta Sandri
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