LA SEGNALAZIONE
In scena lo Stabat Mater rock-sinfonico di Franco Simone
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Lo “Stabat Mater“ (dal latino “stava la madre”) è una celebre preghiera del XIII secolo attribuita a Jacopone da Todi, che racconta il dolore straziante della Madonna dinanzi a Gesù Cristo sulla Croce. Numerosi sono stati i compositori ispirati da questo testo, la versione di Giovanni Battista Pergolesi, terminata poco prima della sua morte, rimane una delle più intense ed eseguite, ma occorre ricordare anche quelle di Gioacchino Rossini, Franz Schubert, Franz Liszt e Giuseppe Verdi.
Questa premessa è necessaria per introdurre la nuova versione realizzata da Franco Simone, che andrà in scena il 16 gennaio, presso il Teatro Super di Valdagno (VI), in prima nazionale. Il noto cantautore italiano, conosciuto e apprezzato anche fuori dai confini nazionali, grazie ai tanti successi delle sue canzoni in lingua spagnola, ottenuti in Cile, Argentina, Uruguay e in altre nazioni. Simone è uno dei pochi artisti italiani che ha avuto il privilegio di entrare nella classifica Billboard dei dischi più venduti negli Stati Uniti, con la canzone “Magica” (versione in spagnolo del celebre brano “Malafemmena” di Antonio De Curtis, in arte Totò), nella chart “Hot Latin Song”.
Erano trent’anni che l’artista salentino desiderava scrivere un’opera rock basata sullo “Stabat Mater” e, finalmente, ci è riuscito, grazie all’ispirazione compositiva e alla collaborazione del cantante Michele Cortese e del tenore Gianluca Paganelli, voci che interagiscono perfettamente con quella di Simone. Un valido contributo è venuto anche dal chitarrista Adriano Martino, che vanta un’esperienza trentennale. Gli arrangiamenti sono stati curati da Alex Zuccaro.
Lo “Stabat Mater” è l’ouverture dell’intera opera rock sinfonica, che si compone di dieci brani. I tre cantanti si esibiscono in alcuni momenti solistici ma, soprattutto, dialogano tra di loro. Alcune parti, esclusivamente strumentali, riprendono e arricchiscono le melodie fondamentali. Nelle performance solistiche Gianluca Paganelli evidenzia i momenti vicini al mondo lirico-sinfonico, Michele Cortese dona la sua innata vocalità rock, Franco Simone, da autore e interprete, rende chiara l’affinità tra quest’opera e quanto di meglio espresso dal cantautorato italiano. I titoli degli altri brani sono: Benedicta, Quis est homo, Pro peccatis, Fons amoris, Sancta Mater, Tecum, Vigo virginum, In die e Quando corpus.
Le melodie si basano rigorosamente sul testo originale, spaziando dalla musica classica fino alle soluzioni rock che caratterizzano il sound attuale.
Per chi non conosce Simone potrà sembrare un azzardo l’essersi inoltrato in un campo tanto difficile e con precedenti così illustri, con cui inevitabilmente confrontarsi. In realtà, la profonda conoscenza della musica classica e del latino, oltre all’indubbio talento compositivo, gli hanno consentito di sorprendere ancora una volta chi lo ascolta.
Stupisce che, per la prima volta nei tempi moderni, una lingua considerata “morta” sia così attuale e cantabile. Non bisogna dimenticare però che la struttura ritmica del testo è la stessa del latino medievale e anche della lingua italiana: non si hanno sillabe lunghe e brevi ma toniche e atone, in una serie di ottonari e senari sdruccioli, che rimano secondo lo schema AAbCCb. L’uso del latino, in un’opera rock, è inconsueto ma la musica composta da Simone l’abbina alla perfezione con il rock moderno, senza dimenticarne la matrice classica.
“Stabat Mater” è anche un’opera visiva: per raccontare il dolore di Maria ai piedi della Croce è stata scelta una scenografia particolarmente suggestiva ovvero le “Tajate”, cave di tufo di Acquarica del Capo (LE), straordinariamente adatte a rappresentare questo evento religioso. L’intento è di avvicinare, con musica e immagini, il dolore della Santa Madre a quello di un’intera umanità dolente e smarrita, in un mondo che fatica a trovare punti di riferimento morali ed esistenziali, con la speranza di una possibile redenzione.
Il grande fascino che questo testo continua a trasmettere è la conseguenza di un paradosso artistico, ma soprattutto umano; rappresenta la sintesi ideale tra asprezza e dolcezza, sollievo e carità, paura e coraggio, in cui l’accettazione del sacrificio e delle contraddizioni, che spesso complicano la vita, aprono infinite prospettive di fede e di speranza.
L’opera rock sinfonica di Simone si sviluppa in una crescente tensione che culmina nello struggente Amen finale del brano “Quando corpus”, cui spetta il compito di aprire uno spiraglio di fiducia nel presentimento della vita eterna: “Quando corpus moriétur, fac, ut ánimae donétur paradísi glória. Amen”. E quando il mio corpo morirà, fa’ che all’anima sia data la gloria del Paradiso. Amen.
“Stabat Mater” di Franco Simone, Prima nazionale dell’Opera il 16 gennaio 2015, presso il Teatro Super di Valdagno (VI).
Il video ufficiale del brano “Stabat Mater” [vedi]
Foto di Roberto Micoccio
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William Molducci
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