Non occorre scivolare sempre fuori dalla realtà per cogliere i suoi aspetti più visionari; il mondo reale è ricco di sfumature di ogni tonalità che occorre solo cogliere in modo originale e personale. É quello che fa la ferrarese Carla Sautto Malfatto, alla sua prima raccolta di racconti, intitolata “Farfalle e scorpioni” (Este Edition, 2015).
Già vincitrice di vari premi per la sua attività di scrittrice e pittrice – tra cui Targa d’argento della Presidenza della camera dei deputati per la poesia, Medaglia del Senato per la narrativa, l’autrice racchiude in questi quindici racconti, la maggior parte dei quali già premiati, un equilibrio dinamico tra storie delicate come farfalle e pungenti come scorpioni, soggetti che l’autrice descrive anche nelle illustrazioni.
Disturbanti, dissonanti, sorprendenti e delicati nella componente surrealistica che si mescola a quella della vita di ogni giorno, le sue sono storie piccole come sassolini su strade senza fine, o grandi come massi rotolati piccoli sentieri di campagna. Che siano bambine condannate a un mondo di adulti grigi che non prestano loro attenzione, o donne mature e stanche di una vita trascinata, senza più aspettative; vecchie nonne strettamente chiuse in retaggi regionali al pari dei loro capelli serrati nelle crocchie severe, o madri coraggio che sfidano la malattia delle figlie, la prima persona che l’autrice adotta non è mai sciupata, anzi al loro servizio completo. Surreale e severa nei suoi accostamenti, riesce a cambiare voce adattandola ai soggetti delle storie che scrive – spesso femminili –, a viverle attraverso i suoi occhi e il suo ritmo narrativo dinamico ma mai di frettoloso. In questi mondi rarefatti eppure così ricchi di concretezza albergano anche oggetti che diventano spesso prolungamento materiale di un’idea o abitudine: la spazzola da toeletta, gli insetti uccisi e rinchiusi in una teca per farne collezione, l’abete tagliato con perizia chirurgica, i cappellacci di zucca simbolo di «ferraresità» e di rivincita contro un mondo che cammina troppo in fretta, senza direzione.
Una realtà mai veramente adeguata alle aspettative, quella che descrive l’autrice; né ai desideri di queste persone della porta accanto, schiacciate da imposizioni esterne o non accettati. Situazioni quotidiane, pagine ingiallite di un vecchio libro dimenticato o la noia dell’assenza di una svolta; la paura della perdita o l’indignazione di fronte al nuovo che avanza calciando malamente via l’esperienza; una vita scandita al ritmo incolore di obblighi e compiti meccanici o situazioni da affrontare nella contingenza, nel “dovere” che tutto mangia senza nutrire di rimando.
Una umanità speso dolente e imprigionata in difetti, mancanze o sfortune, che cerca coraggiosamente di superare ogni limite che una situazione personale, il tempo o l’età anagrafica vogliono imporre: i momenti di serenità o gioia restano in una penombra che in fondo basterebbe molto poco per fare dileguare; un gesto in più di consapevolezza o di interesse reale, una parola cordiale o un colpo di reni per uscire da qualsiasi empasse, per trasportare un punto di arrivo al punto di partenza immobile e perfetto, una bolla temporale incastonata in un dipinto quale è il Prologo del libro (“Io e il fiume – Cronache dalla golena”), personale e intimista.
I protagonisti raccontano la propria storia lasciando sempre qualcosa di non detto o inespresso, quasi fosse compito del lettore venire a capo di quel filo sfuggito ai ferri che lavorano indefessi un nuovo maglione. Provati ma non rassegnati, sono bussole impazzite o incerte sulla direzione da prendere. Spesso tenaci nel loro desiderio di convincere (e convincersi) della propria versione dei fatti, la loro storia scivola via tra le dita lasciando, anche alla fine del racconto, un nuovo filo spuntare da quel maglione che porta il lettore a pensare a come la storia continuerà.
Questo grazie all’abilità narrativa che restituisce dignità a ognuno di essi, provando empatia nei loro confronti riconoscendosi nelle piccole abitudini e manie e difetti di ogni giorno, in cui compaiono lampi di luce convincendo il lettore a provarne altrettanta. Puntuale, meticolosa e attenta a ogni dettaglio che inserisce con minuzia accompagnando il lettore: come un’attenta bambina cura la sua casa delle bambole, subito pronta a dare il giro di molla a un carillon fermo da tempo.

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Giorgia Pizzirani
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