John Strada è il nome d’arte di Gianni Govoni da XII Morelli, che quest’anno ha partecipato al “Light of day”, il festival musicale a scopo benefico che si svolge allo Stone Pony di Asbury Park di New York. La manifestazione è nota per la presenza di Bruce Springsteen, che è solito condividere il palco con gli altri partecipanti. Il rocker di XII Morelli, frazione del comune di Cento nella provincia ferrarese, ha sempre desiderato esibirsi con il Boss e durante il festival il sogno si è avverato: ha cantato “Thunder road” insieme con lui durante il gran finale, per poi incontrarlo nel riservatissimo party post-concerto. Strada, durante il viaggio negli Stati Uniti, ha suonato anche al Chord di Brooklin e al The Bitter End in Bleecker Street.
Ora esce con il suo nuovo album: “Meticcio”, azzeccatissimo titolo per l’incontro tra America ed Emilia, con il sound di “Born to run” e quello emiliano che si fondono per dare anima alla potente voce del rocker centese, con l’indistruttibile Fender Telecaster e la magia del piano Hammond, protagonisti sin dai brani di apertura: “Magico” e “Chi guiderà”.
Quello di John Strada è un rock ricco di contenuti, che dedica un brano in dialetto al suo paese, conosciuto anche con il nome di “Tiramòla”, ispirato a “This land is your land” di Woody Guthrie.
“Sanguepolvere” poi ricorda l’urlo dall’inferno dove scomparve il mondo durante il tragico terremoto in Emilia: un pezzo sanguigno per una notte di orrore durante la quale la vita si ruppe.
In “E’ Natale in Maghreb” la Madunina, dall’alto del Duomo di Milano, guarda Aisha e la sua carrozzina vuota, tra paura e dignità, mentre porta in grembo il frutto di un amore tenuto ancora segreto dal velo.
“Torno a casa”, traccia il bilancio di una vita passata a rubare ai poveri e a vendere inutilmente l’anima, per poi decidere di ritornare a casa, in attesa di ripartire. La grinta e l’inciso ne fanno uno dei pezzi più coinvolgenti.
In “Hai ucciso tutti i miei eroi”, lui è Elvis e lei Marylin: stereotipi e citazioni vengono utilizzati per raccontare gli amori apparentemente invincibili, destinati a cedere al tempo e alla consuetudine, originale metafora sulla fragilità dei sentimenti umani.
“Promesse”, nostalgica e struggente, ripercorre gli entusiasmi della giovinezza, di quando si era al centro dell’attenzione e di come le promesse, non mantenute, si siano trasformate in bugie. Poche note jazz, fuori dalla linearità melodica, rendono l’atmosfera del racconto più di cento parole, mentre il figlio che dorme è la prova che l’amore non genera mai bugie.
“Rido” è una ballata vissuta tra Bologna e l’amore tradito, mentre “Chi guiderà” getta uno sguardo a Springsteen, lasciando a “Rocco e Fanny” il compito di concedersi ironia e swing.
“Non mi alzo” stacca la corrente, a tempo di soul, contro le convenzioni e i ritmi di una vita ordinaria.
“Nella nebbia” è una classica ballata acustica che racconta la fuga dalla nebbia della bassa verso le luci della città, dove la gente non si accorge di te, per poi scoprire, invece, che nella nebbia si può vedere tutto quello che si vuole.
“Meticcio”, come il cane della copertina dell’album che da questo brano prende il titolo, è un microcosmo di storie, musiche e sapori, dodici racconti che esprimono passione, nostalgia, voglia di vivere, dramma e amore.
Quello che stupisce, in quest’album, è la semplicità con cui sono espresse metafore essenziali, in cui il Professor Govoni sa ben destreggiarsi.
Guarda il video ufficiale di “Sanguepolvere”
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William Molducci
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