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Diego Trentini, aspirante scrittore ferrarese, è tra i dieci finalisti selezionati dalla redazione del Festival internazionale di Poesia di Genova e in questi giorni sta partecipando al concorso di Repubblica “I libri più belli del 2014. Premio community”  assegnato dai lettori. Il libro finalista s’intitola “0532 prefisso del blues” e si può votare on-line ancora per qualche giorno, fino al 12 gennaio, in modo molto semplice, accedendo alla pagina e selezionando il libro scelto [vedi].
Di seguito ne pubblichiamo il primo capitolo e facciamo il tifo per questo scrittore emergente brillante, ironico e capace. Il 12 gennaio stesso verranno decretati i vincitori con premiazione a Genova.

Il libro, in rima sciolta e verso libero, racconta l’atmosfera, il mood generale del periodo 1980-1995, momento storico che ha segnato interiormente ed esteriormente la generazione – X. Convinto che una sorta di ironico determinismo storico-mediatico abbia plasmato le menti e il modo di essere dei quarantenni di oggi, l’autore utilizza il pretesto dell’autobiografia e della descrizione di un contesto geografico e sociale marginale (Ferrara), con richiami alla storia contemporanea, alla musica e ai robot giapponesi.

di Diego Trentini

0532 prefisso del blues
che ho visto fiorire
in un asilo blu
di via Krasnodar,
che fa molto krautrock, cioè
quel genere di musica
che ascoltava mio zio
(mioddio!),
e io non capivo
però m’alienavo precoce
chiuso in una stanza
in segreto divagare
ondeggiare affondare.
Eran gli infausti anni ’80 bellezza:
gli anni dell’individualismo,
del Buondì e della Girella,
del Drive in, della Thatcher
e du Roi Michel,
che non era Míchel del Real
– gran portento della Quinta –
ma Platini da Saint-Étienne.
Non i platonici anni ’80
che eternamente ritornano di moda
– con Nietzsche che nella tomba si rivolta –,
ma gli Ottanta
che han posto le fondamenta
dell’italico fallimento,
del debito pubblico sopra cento.
I veri Ottanta,
quando Craxi,
il Mozart delle tangenti,
incurante si beccava
da Silvio et al. le palanche
e diceva così fan tutti
– sottinteso: i farabutti.
Non il decennio idealizzato
della Milano da bere,
ma quello della guerra fredda
in cui ci si cacava sotto
per l’apocalisse nucleare
che era lì lì per arrivare
– nonostante la sigla di Gundam
non aver paura mai
perché qui c’è
chi pensa a te
e quella di Goldrake
sto tranquillo
se ci sei tu.
E ancora
e non tanto
gli Ottanta del mondiale vinto,
ma quelli degli alberi
in cui fiorivan le siringhe,
in cui l’unica eroina
non era Wonder Woman
ma quella che a fiumi
scorreva in vena.
Di più,
gli anni in cui
persino i videogame
non erano innocui,
giochi per bambini innocenti,
ma risultavano alquanto ansiogeni
e per questo molto attraenti:
Ghosts ‘n Goblins, Pacman,
Space Invaders, Double Dragon, Tetris e così via.
Infine,
il decennio del caso Tortora,
in cui vedemmo il bianco
diventare torbido
e scoprimmo di non essere candidi,
perché alla persona onesta
sovente non basta
trovarsi nel migliore
dei mondi possibili.
Quegli Ottanta
in cui ci si domandava anzitempo
cosa ne sarebbe rimasto,
a parte un retrogusto di squallore
sottinteso.
0532 prefisso del blues
che già aleggiava in un asilo
da periferia sovietica mentre
si stava come
d’estate
le lucertole
sui muretti.

Diego Trentini, nato a Ferrara il 10 Maggio 1975, ha vissuto in città fino ai trentatré anni e ora abita a Bondeno. Insegna Storia, Filosofia e Sostegno, come precario. E’ laureato in Filosofia, specializzato in Storia della filosofia, abilitato Ssis. Si autopubblica sul sito “Il mio libro” [vedi], tra i suoi titoli: “Goal! (ovvero quando un numero uno faceva il giocatore)”, “L’inferno. E’ gli altri”, “Presente imperfetto”, “Achtung! Pericolo crolli“, “Lapsus digitali”.

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