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Ferrara film corto festival

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Il ‘locus amoenus’, l’intreccio di storie fra sette esponenti dell’ottava arte, la voglia di stupire: ecco “Dogana in fotografia”, rassegna fotografica organizzata dall’Officina dei Bottoni e dal Lions Club Ferrara Estense, che ospiterà nel corso dell’anno sette progetti fotografici a cura di altrettanti artisti.
Il progetto, nato da una intuizione del direttore artistico del Buskers Festival Stefano Bottoni, è stato presentato nella sala principale del ristorante “La Dogana” di via della Luna dal titolare Valter Lucchini, dal fotografo Massimo Benedetti, dalla professoressa Silvia Villani, dal direttore del Lions Club Paolo Bassi e dallo stesso Bottoni.

dogana in fotografia
Gli organizzatori di Dogana in fotografia

“Fino agli anni Novanta, Palazzo Massari esponeva artisti di grande calibro in una piccola sala dedicata all’arte e alla fotografia. Da questa antica consuetudine nasce l’idea di poter tornare a esporre in un luogo intimo e raccolto – ha detto Bottoni – E ben venga l’entusiasmo e la grande disponibilità di Valter, che ha subito messo a disposizione il suo ristorante per l’occasione. Non dimentichiamo che Toulouse-Lautrec esponeva nel Café Chantant, mentre Monet e Chagall davano mostra dei loro peasaggi a tinte tenui nelle pittoresche trattorie bretoni. Dunque trovo che questo sia un luogo assolutamente adatto per avviare questo progetto, che spero di poter ripetere in futuro”.
“Per parte mia – ha spiegato Massimo Benedetti, uno degli artisti le cui opere saranno presentate nel corso della rassegna – ho aderito questo progetto  proprio perché occasioni di questo tipo in Italia sono rare, mentre all’estero sono più comuni e riconosciute. I visitatori della mostra sperimenteranno la compresenza di due ambienti, uno visivo e uno sensoriale, grazie all’ambientazione in un ristorante.”

Lacerto del ristorante La Dogana con stemma del cardinale Tommaso Ruffo e iscrizione datata 1727
Lacerto del ristorante La Dogana con stemma del cardinale Tommaso Ruffo e iscrizione datata 1727

Ristorante che, come ricorda la professoressa Silvia Villani, sorge in un luogo che ben si presta a essere ideale contenitore artistico della manifestazione. Fondato da Bernardino da Feltre, dopo quello di via Ripagrande del 1507, il Monte di Pietà vecchio era di fatto un’istituzione caritatevole pensata per aiutare i ferraresi in situazioni di difficoltà, i quali potevano impegnare beni personali, come suppellettili e biancheria, con un tasso di interesse molto basso sul denaro prestato. Questo luogo dall’impronta umana e sociale tanto importante e delicata, lasciato dal fattore degli Estensi Teodosio Brugia al primo Monte di Pietà perché vi trasferisse la sua sede, comprendeva spazi pubblici destinati alla riscossione una volta scaduto il prestito, ma anche alle aste di tutti quegli oggetti che non erano mai stati riscattati, oltre a una serie di ambienti dalle diverse destinazioni (uffici, copisteria, granaio). Il primitivo assetto di quest’istituzione, che comprendeva il palazzo su via della Rotta (attuale via Garibaldi) in angolo con Boccacanale di Santo Stefano, subì vari accorpamenti che lo portarono a comprendere l’intero isolato sino a via della Luna. Proprio nella sala che ospiterà gli scatti, si possono tutt’ora ammirare lacerti di una iscrizione sormontata dallo stemma del cardinale Tommaso Ruffo, il nobile che risanò il secondo Monte di Pietà dopo il fallimento dovuto agli incontrollati prestiti ai nobili.

La mostra sarà ufficialmente inaugurata sabato 6 febbraio alle 17 dalla vogherese Martina Rubbi, che esporrà fino al 24 marzo; il 26 marzo sarà poi la volta del ferrarese Bruno Droghetti, fino al 12 maggio; dal 14 maggio al 30 giugno sarà il turno di Roberto Del Vecchio, veterano del FotoClub Ferrara. Dal 2 luglio al 28 agosto troveranno posto Massimo Benedetti e le sue immagini in bianco e nero; lo sperimentatore italo-americano Joe Oppedisano dal 3 settembre al 20 ottobre; gli scatti del fotografo ferrarese Vincenzo Tessarin dal 22 ottobre all’8 dicembre. E, last but not least, lo stesso Stefano Bottoni dal 10 dicembre sino a data da destinarsi.

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Quattro giorni di eventi internazionali dedicati al cinema indipendente, alle opere prime, all’innovazione e ai corti a tematica ambientale.

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Giorgia Pizzirani


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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