In qualità di assiduo praticante dueruotistico, mi permetto di aggiungere il mio interessato parere ai tanti e tanti espressi nel dibattito che ferve in città sull’opportunità di emanare un provvedimento che consenta ai ciclisti di circolare contromano sulle strade a senso unico: NO!
Essendo i ciclisti ferraresi, nella loro intierezza, sia detto con rispetto, figli di madri di dubbia moralità – autoctoni, extracomunitari, intracomunitari, turisti, viandanti, parenti in visita compresi, sarà l’aria che volete che vi dica – se gli dai il dito del tragitto contromano loro si prendono il braccio dell’Impunità Totale. Già adesso, risalgono i sensi unici con la cocciuta frenesia dei salmoni in preda a fregola da accoppiamento, costringendo gli sventurati automobilisti che vengono giù tranquillamente per il loro verso a farsi da parte per non asfaltare gruppi di badanti ucraine in libera uscita, ragazzini che sciamano compulsando lo ‘smartfon’, pensionati che avanzano a pettine da marciapiede a marciapiede litigando sulla Spal e dispensando pacate espressioni di biasimo “ch’a ‘t jena al zzadròn a tì e a tuta la tò raza, arnani!” al pilota che li obbliga a restringere la formazione col rischio di strifelarsi la mano nel contatto manubrio con manubrio.
La delibera del Sindaco, dio non voglia, farebbe cadere tutta la variegata fauna dei pedalatori estensi nel delirio di onnipotenza, facendoli sentire autorizzati a salire sui marciapiedi affollati, passare col rosso, girare all’esterno delle piste ciclabili, viaggiare di notte senza fanali e catarifrangenti. Cosa che già fanno di prassi, intendiamoci, ma almeno con un qualche sottile senso di colpa.
Insomma, si finirebbe per creare un’emergenza umanitaria: non tanto per i ciclisti, che dai tempi dei tempi sono adusi a prevaricare tutte le altre categorie, nessuna esclusa, compresi gli autisti di tir, bensì per tutte le altre categorie, nessuna esclusa compresi gli autisti di tir di cui sopra, che rischiano di sbarellare di brutto, già ora che i bigaroli sono calmierati, figurarsi dopo.
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Andrea Poli
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