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Lettere ritrovate, scritte, ricevute, inviate, timbrate, spiegazzate, scovate nei mercatini della Rive Gauche lungo la Senna, nei solai della nonna e nelle cantine delle nostre case.
Lettere stropicciate che mantengono tracce indelebili di lacrime e sorrisi.
Lettere dimenticate e abbandonate che una mano curiosa riscopre e fa rivivere.
Quante storie in quelle righe, quante vite, quanti drammi e quanti sogni, quante belle e brutte notizie, quanti pensieri, quante confessioni, quante storie d’amore perse e ritrovate. Quante strade che si sono incrociate o separate. Quanta forza, allegria e malinconia.
Molti di noi hanno conservato plichi infiniti di lettere, avvolti da nastrini colorati, rosa o azzurri, stipati in scatole dalle forme più svariate, spesso ovale, con fiorellini dipinti sopra.

lettereMolti di noi le hanno trattenute per momenti migliori o peggiori, sicuri che vi avrebbero un giorno trovato risposte a tante domande, scartabellando e perdendosi ancora e sempre in quei preziosi e colorati contenitori di vita. Forma, dimensioni e capienza di quegli spazi sarebbero stati per sempre legati alla nostra storia, alla nostra continua evoluzione quotidiana. Lì dentro avremo conservato storie di gioia e di disperazione. Ricordi, immagini, fotogrammi, istanti, momenti, luci, ombre e passi-passaggi.
Spesso siamo andati ad aprire quelle scatole, in silenzio, timorosi di ritrovarci un passato andato e vissuto intensamente, un passato bello che non c’e’ più, preoccupati dal poter rileggere le parole di un innamorato che è svanito nel nulla, le promesse di un eterno futuro che non si è avverato, che allora era un per sempre finito solo poco dopo. Una promessa di futuro scritta con un’elegante penna stilografica, il cui inchiostro sbiadisce facilmente. Forse solo questo particolare avrebbe dovuto illuminarci, allora…
Spesso ci siamo avventurati nello scartare quelle buste ingiallite come si fa con una caramella mai gustata prima, quando la carta sfavillante e luccicante invoglia a provarla ma non si sa proprio che gusto ci attenderà. A volte amaro, a volte dolce, a volte salaticcio e appiccicaticcio, spesso insignificante. La curiosità, però, è troppo forte…
Ricordo quando, a Parigi, mi avventuravo nei mercatini alla ricerca di antiche missive che potessero ispirare le mie pagine di romanzo. Una riga sbiadita spesso mi faceva immaginare vite avventurose e storie d’amore rocambolesche. Sono meravigliose le lettere, contengono una vita, lasciano traccia dei pensieri di anime curiose e spesso smarrite. Riceverle è altrettanto sorprendente, magico e avvolgente che scriverle e inviarle. Forse di più. Ricevere una lettera significa ricevere parte di un’anima che si dedica solo a te per qualche momento. Qualche attimo che magari è costato giorni e notti insonni, pomeriggi che sembravano infiniti ed eterni.
Chi non ha scritto lettere d’amore? Chi non non ne ha ricevuta almeno una nella vita?
Rileggendole ci sembriamo ridicoli, almeno un po’, o forse, alla fine, sono ridicoli i ricordi che hanno ispirato quelle lettere, come eravamo, quello che è stato. Che, però, è stato e che ha fatto parte di noi. O forse, alla fine, è veramente ridicolo chi non è mai stato capace di scriverne. Chissà… Era bello scriverle, però, e io non smetterò certo di farlo…

Era bello davvero, come ci ricorda Fernando Pessoa

Tutte le lettere d’amore sono
ridicole.
Non sarebbero lettere d’amore se non fossero
ridicole.
Anch’io ho scritto ai miei tempi lettere d’amore,
come le altre,
ridicole.
Le lettere d’amore, se c’è l’amore,
devono essere
ridicole.
Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d’amore
sono
ridicoli.
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d’amore
ridicole.
La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere
a essere ridicoli.

Questo testo è stato magistralmente interpretato da Roberto Vecchioni che vi invitiamo ad ascoltare [ascolta]

Fotografie di Anna Pirazzi

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.


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