Tre cose ci sono rimaste del Paradiso: le stelle, i fiori e i bambini.
I fiori non guardano ai confini, ai luoghi in cui crescere, ai cieli sotto i quali stare, ai volti che li ammirano, alle mani che li coglieranno. Se il muro intorno a loro è bucherellato dalle pallottole, istintivamente e quasi maternamente, cercheranno di coprire quei fori, di nasconderli agli occhi dei bambini. Se il muro è bianco, sfodereranno i loro colori potenti e intensi per esaltarne la chiarezza. Se il muro è scuro, sbocceranno bianchi e immensi, per farsi notare, svettando, sicuri e forti, verso il nitido cielo azzurro. Se è antico, ne esalteranno la storia, se è moderno e vuoto lo riempiranno festosamente, adornandolo di tenui boccioli delicati.
I fiori profumano le strade, qualunque esse siano, ovunque si trovino. Spargono petali nell’aria leggera, avvolgono gli asfalti duri, provati e calpestati da orme che, diligenti, sfilano verso l’ignoto.
Non fanno caso al profumo del pane appena sfornato o all’odore acre di una serpentina di fumo che, improvvisa e inquietante, sbuca da un edificio. Non distinguono la mano che li coglie da quella che li strappa. Purtroppo. Non comprendono cattiveria e odio, anche se le sentono, le percepiscono, tremando nelle loro foglie di un verde intenso quanto gli occhi di una dolce e bella sirenetta delle favole.
I fiori vivono, il loro profumo intenso arriva, come una tempesta di mare, nella vita di coloro che gli passano accanto, che li guardano, estasiati, anche per un solo e fugace momento. Quelle creature divine sono lì per riscaldare gli animi tristi, per cullare i pensieri che vogliono prendere il volo e, spesso, scappare lontano. Per non farci dimenticare che la vita è bella, che può essere meravigliosa, che il destino può essere inclemente ma che possiamo almeno provare ad accompagnarlo e a guidarlo verso il bello. I fiori sono fatti per essere accarezzati, come la testa delle persone amate che dormono.
Belli questi fiori, allora, fiori di una città calda sulle sponde del Mediterraneo che ho amato e amo ancora molto. Una speranza in più?
Fotografia di Simonetta Sandri, Tripoli, 2012
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Simonetta Sandri
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