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di Stefano Di Francesco e Fabio Conditi

La guerra per l’emissione di una moneta commemorativa su Waterloo, condotta senza esclusione di colpi tra il Belgio e la Francia, ci permette di domandarci qual è la reale natura dell’euro e se gli Stati che lo hanno adottato come moneta, abbiano davvero perduto la propria sovranità monetaria oppure non la stanno utilizzando.
I belgi non hanno potuto emettere una moneta commemorativa da 2 euro, ma hanno utilizzato la propria sovranità monetaria nazionale per emettere una moneta da collezione da 2,5 euro.
Infatti, secondo il Tfue (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), tutti i paesi dell’eurozona possono ancora coniare monete diverse da quelle valide in tutti i paesi dell’eurozona, che sono stabilite dalla Bce e che riguardano le monete da 1,2,5,10,20 e 50 centesimi, e le monete da 1 e 2 euro. L’euro infatti non è una moneta unica, ma la sommatoria di tante monete nazionali, tutte riconoscibili e diverse l’una dall’altra, che, per effetto della firma del Tfue, hanno la stessa unità di misura (un euro italiano = un euro tedesco) ed un rapporto di cambio fisso (un euro italiano avrà sempre lo stesso valore di un euro tedesco). Le monete in euro italiane sono riconoscibili non solo per i disegni rappresentati su una delle facce (Dante, l’uomo vitruviano, ecc.), ma soprattutto per un simbolo “R+I”, che corrisponde alle iniziali della Repubblica italiana. In realtà ci sono molti paesi che utilizzano ancora la propria sovranità monetaria, coniando monete da collezione di valore superiore a 2 euro, in alcuni casi utilizzando oro o argento, ma in altri realizzando le monete in metalli meno pregiati, che hanno corso legale solo nel paese di emissione.
La Finlandia ad esempio dal 2003 emette regolarmente ogni anno monete da collezione da 5 euro, ma così fa anche la Slovenia con monete da 3 euro, il Portogallo con monete 2,5 – 5 – 7,5 – 10 euro, e la vicina Austria con monete da 10 euro in rame. Abbiamo chiesto alla Banca centrale finlandese chiarimenti sulle loro monete da 5 euro, in particolare se rientrano nella somma totale fissata dalla Bce per ogni paese, se hanno corso legale in Finlandia e se possono essere depositate presso le banche commerciali finlandesi.
La risposta della Banca Centrale Finlandese è stata: “5 € special commemorative coins are Finnish collector coins and Mint of Finland can decide itself how much they will mint coins. The European Central Bank (ECB) approves the amount of coins put into circulation in euro area member states. Euro coins issued in Finland are minted by Mint of Finland. These special coins are legal tender just in Finland and commercial banks in Finland accept them as a legal tender also.” Tradotto in italiano, “Le monete commemorative da 5 € speciali, sono monete da collezione finlandesi e la Zecca di Finlandia può decidere quante ne saranno coniate. La Banca centrale europea (Bce) approva la quantità di monete messe in circolazione negli stati membri dell’area dell’euro. Le monete in euro emesse in Finlandia, sono coniate dalla Zecca di Finlandia. Queste monete speciali hanno corso legale solo in Finlandia e le banche commerciali in Finlandia le accettano anche come moneta a corso legale.”
Questa conferma sconvolgente, chiarisce inequivocabilmente che gli Stati nazionali hanno ancora la propria sovranità monetaria, ma non la esercitano appieno. Infatti le monete metalliche sono l’unica moneta legale a “credito”, perché la loro emissione da parte dello Stato, non comporta aumento del debito pubblico e non richiede un pagamento di un interesse, anzi costituiscono denaro utilizzabile senza alcun costo, se non quello di realizzazione. Le banconote, invece, sono una moneta legale a “debito”, perché emesse dalla Banca centrale europea e prestate, ad interesse quasi nullo, solo al sistema bancario; lo Stato, se ha bisogno di denaro, è costretto ad emettere titoli di debito sui mercati finanziari, sui quali deve pagare continuamente un interesse che genera un debito pubblico inestinguibile. A queste due monete si affianca la moneta bancaria, che è denaro creato dal nulla dalle banche quando fanno prestiti (Quarterly bulletin 2014, Bank of England), e che quindi è anch’essa moneta a “debito”, visto che per utilizzarla è necessario pagare continuamente un interesse, che contribuisce ad aumentare il Debito Pubblico e Privato.
Lo Stato però, per finanziarsi, non utilizza la moneta a “credito”, visto che è solamente lo 0,3% del totale, ma si finanzia principalmente con la moneta a “debito”, cioè banconote e moneta bancaria, che corrispondono al 99,7% del totale. Questa scelta sciagurata, comporta l’aumento continuo del proprio debito pubblico e costringe lo Stato al pagamento di interessi per ben 75 mld di euro in un anno (dati per il 2014 ricavati dal Def 2015), che corrispondono al 4,6% del nostro Pil.
I dati reali, infatti, confermano che il debito pubblico dal 1980 al 2014 è aumentato di 2.000 mld di euro, passando da 114 mld a 2.135 mld di euro, nonostante le cospicue privatizzazioni e svendite del patrimonio pubblico, oltre all’aumento delle tasse e la riduzione dei servizi. Questo è avvenuto perché, nonostante si siano realizzati nello stesso lasso di tempo avanzi primari di bilancio superiori ai 640 miliardi di euro, gli interessi passivi pagati sul Debito Pubblico sono stati pari a 3.447 mld di euro.
Lo Stato, come abbiamo verificato, può ancora emettere moneta a “credito”, senza limiti di valore e di quantità, con la quale immettere denaro direttamente nell’economia reale, evitando le privatizzazioni e riducendo le imposte ed il taglio dei servizi. Ma per far questo è necessario che i cittadini e la classe politica, acquisiscano la consapevolezza di quali siano le reali cause della crisi economica, al fine di realizzare finalmente politiche che abbiano come obiettivo principale il raggiungimento del benessere collettivo e della piena occupazione.

Fabio Conditi, 53 anni di Zola Predosa (BO), laureato in Ingegneria civile edile presso l’Università di Bologna, studioso di sistemi monetari, fondatore del sito Moneta 5 stelle [vedi], divulgatore di temi monetari con all’attivo più di 30 incontri in tutta Italia.

Stefano Di Francesco, 45 anni di Ascoli Piceno, laureato in Economia e commercio presso l’Università politecnica delle Marche, analista tecnico-quantitativo, sviluppatore di sistemi di trading e di gestione del portafoglio, opera dal 2002 come trader sui mercati finanziari, esperto di sistemi monetari e finanziari.

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