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Più di mezzo secolo fa, Pier Paolo Pasolini ha scritto in una lettera a Pietro Nenni, allora il presidente del Psi: “Io mi chiedo come è possibile passare una vita sempre a negare, sempre a lottare, sempre ad essere testimoni solamente del male“. Esiste un mantra che ci possa liberare dai tanti instancabili critici del meritorio impegno di organizzazioni non governative o associazioni come Amnesty international, che cercano anche di ‘fare’ per cambiare questo mondo, anziché stare solo alla finestra per giudicare e negare sistematicamente ogni progresso e ogni conquista democratica? Quelli di Amnesty si prodigano contro il male del mondo: non lo accettano così com’è e non si piegano alla logica della ‘realpolitik’, del compromesso talvolta anche il diavolo.

Genera pericolosi pregiudizi la ‘Cultura del No’ a oltranza, corroborata da un rosario cinico di accuse contro quelli che hanno la voglia di cambiare il mondo nonostante tutti i fallimenti che abbiamo sulle spalle. C’e molto da fare. Almeno per loro quelli che sono in prigione  causa delle loro idee, perché hanno combattuto per la difesa dei diritti umani nei Paesi in cui le dittature soffocano il dissenso, dove esiste ancora la pena di morte, dove il corpo umano è solo oggetto – in tutti i sensi -, dove i diritti delle minoranze non sono rispettati.

Quelli invece instancabilmente svolge campagne a sostegno dei diritti umani in tutto il mondo non fa parete della ‘cultura del No’, anzi rappresenta la ‘Cultura del Sì’, una cultura del rispetto per gli altri, del rispetto di uno Stato dei diritti, della divisione dei poteri, del rispetto verso i seguaci di ogni religione e anche verso i non credenti di ogni genere.

Contro la globalizzazione etica sono quelli che conoscono solo la mondializzazione di un capitalismo senza regole. I veri ‘global player’ della nostra epoca sono Ong come Amnesty (che a Ferrara festeggia 35 anni di attività) perché loro rappresentano un mondo dove esistono non solo sulla carta ma anche in realtà quotidiana i diritti umani per tutti. La violazione del diritto avvenuta in un punto della terra è patita in tutti i luoghi, come ha scritto Immanuel Kant, uno dei grandi filosofi che attraverso al loro opera e il loro intelletto hanno dato fondamento alla cultura dei diritti umani. Non è un concetto teoretico o astratto quello di Kant. Quelli che operano per Amnesty possono indicarci nomi e cognomi di quelli che soffrono ‘ad personam’ la violazione dei diritti umani.
Per quelli che cinicamente contrastano questo impegno e lo considerano ingannevole e inutile come la fatica di Sisifo’ vale l’osservazione dello scrittore e giornalista Dragan Velekic’, in esilio mentre era al potere Milosevic’: “Con un cucchiaio non si può svuotare il mare. Ma anche ciò che si è raccolto è mare. Io credo che anche la solidarietà tra gli uomini funzioni in base allo stesso principio. Ci saranno sempre ingiustizie e crimini in questo mondo, ma è molto importante che la mano che raccoglie il mare con il cucchiaio non si arrenda”.

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Carl Wilhelm Macke

È nato nel 1950 a Cloppenburg in Bassa Sassonia nel nord-ovest della Germania. Oggi vive a Monaco di Baviera e il piu possibile anche a Ferrara. Lavora come scrittore e giornalista. E’ Segretario generale della rete globale “Giornalisti aiutano Giornalisti (www.journalistenhelfen.org) in zone di guerra e di crisi, e curatore dell’antologia “Bologna e l’Emilia Romagna”, Berlino, 2009. Amante della pianura.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it