Questa riflessione di Sandro Abruzzese è apparsa su Ferraraitalia esattamente 6 anni fa, in occasione della celebrazione del 69° Anniversario della Liberazione. Lo riproponiamo oggi, per onorare la memoria di chi ha dato la vita per la democrazia e la libertà. Perché dimenticare, distrarsi, abbandonare la lotta al fascismo (di ieri e di oggi) ci porterebbe a compiere i tragici errori del passato. Non è quindi uno slogan, non sono parole vuote, ma un nostro preciso impegno: viva la Resistenza, viva il 25 aprile, viva la Costituzione.
(La Redazione)
Questo 25 aprile molti ragazzi ventenni non lo capiscono, niente pathos o commozione, vuota retorica. Ciò accade per un motivo principale di cui non hanno colpa: non esiste nel loro sguardo nulla di collettivo, non un ideale, non un’utopia. Tutto è individuale nel loro incedere, e quindi egoistico. Ma non lo hanno creato loro l’egoismo, non l’hanno costruita loro la società, ne sono preda, spesso inermi. Alla fine i ragazzi, pure quelli egoisti, nel complesso sono preferibili rispetto agli adulti, i responsabili della situazione odierna.
La festa della “liberazione” non è una festa di parte, perché prima che dall’invasore-alleato essa ci libera “dal peggio di noi stessi”. Per essere liberi del tutto, però, occorre disegnare i tratti della propria parte di responsabilità, e affrontare il riscatto.
La resistenza rappresenta il riscatto ed è per tutti! Si tratta di una Iliade moderna, della nostra Odissea di terra, è una pagina epica ed eroica della storia italiana come poche altre.
Mi chiedo agli occhi dei giovani cosa sia mancato, cosa abbia contribuito a svuotare questa pagina del proprio significato. Un’altra risposta la trovo nella nostra incapacità di narrarci. Ciò che ha trovato degna eco nelle pagine della letteratura, penso a Calvino o Fenoglio, non ha avuto un seguito all’altezza nel cinema o in televisione. E’ mancato il neorealismo della resistenza, immagino pure per motivi politici nell’Italia dell’epoca. Un paragone potrebbe essere il Vietnam per gli americani, ma loro vivono della capacità di narrarsi, vivono nella continua contemporaneità.
La struttura portante del nostro paese invece continua a poggiare sulla divisione, perpetuando l’Italia meschina e frammentata del Discorso sopra i costumi degli italiani di Leopardi. Per tutta risposta invece di ricordare e raccontare il valore, la parte migliore della nostra storia, si è scelto di virare e puntare il banco sull’astuzia di Ulisse.
L’unica dote incontestabile del maggiore protagonista degli ultimi vent’anni di politica italiana è la furbizia. La riedizione della furbizia di Berlusconi è la giovane scaltrezza del renzismo.
Il risultato è che se buona parte dell’eterogeneo schieramento della resistenza aveva una propria idea di patria, un patrimonio condiviso di valori, le nuove generazioni sono impegnate ad abbandonarla senza nemmeno un sussulto. Siamo passati dalla costruzione della patria al proposito di abbandonarla in meno di settanta anni. Quando vuole la politica sa essere veloce! Ma non tutto può essere giustificato dalla crisi economica, la nostra è prima di tutto crisi di identità e valori.
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Sandro Abruzzese
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