Balzac! Cercasi un Balzac disperatamente per raccontare le dinasty del nostro tempo. Con un profluvio di figli nati da diverse mogli e fidanzate e conseguenti crolli in Borsa, posizionamenti strategici in ad mentre la torta sembra non corrispondere all’appetito dei convitati. Ultimo straordinario racconto quello del proprietario di Luxardo Luxottica tra le poche industrie solide del nostro Paese. Qui si compiono saghe e tragedie (poco greche) con bi-matrimoni: il tempo di sposarsi poi di divorziare, fare figli con altre/altri indi risposare la signora che a sua volta ritorna onusta di prole. E tutti devono entrare in ditta: cuore di mamma e di papà. Peccato che l’imparzialità dimostrata da Del Vecchio nel distribuire per sei il patrimonio in parti uguali –ma, per carità! che i pargoli stiano lontani dalla ditta- s’incrina poi con le ambizioni di mamma a cui spetta la “legittima”.
Crolla il titolo in Borsa poiché sembra che gli investitori amino poco le aziende familiari come ben ha dimostrato il torvo Marchionne, ormai indissolubilmente legato per l’immagine a Crozza, nell’operazione Fiat che non c’è più e nel conseguente titolo Fca (honny soit qui mal y pense!) Fiat Chrysler Automobiles, siglato con viso d’angelo da Elkann che suona la campanella. Un immaginario assai folto di pretendenti al trono. La saga di B. aveva aperto la strada tra alcuni figli destinati a proseguire l’operato politico del babbo, altri a lavorare col Milan e altri ancora apparentemente renitenti a ruoli prestabiliti. Invano Dante blaterava a suo tempo quanto fosse stolido obbligare i figli a seguir le orme dei padri. Ma si sa Lui era menagramo e invidioso delle fortune altrui.
Così al povero Renzi ancora una volta viene imputata la colpa d’aver tentato il bravo ad della Luxardo Luxottica per affiliarlo al suo partito.
Ciò che mi preme sottolineare non è tanto il riflesso etico provocato da un serial talmente avvincente da far impallidire la perfida Alexis di “Dallas” (come eravamo ingenui ai nostri tempi nel dividere così drasticamente il bene dal male. Ormai lo fa solo “Un posto al sole”) quanto la perversione giornalistica che s’impadronisce dell’argomento e gli dedica lo stesso spazio dell’emergenza di Genova proponendo un involontario parallelo tra “angeli del fango” un appellativo sbagliatissimo per queste persone. Che angeli! Uomini e donne che sanno di sudore e di fatica e che propongono appunto l’immagine della meglio gioventù (che sa rispondere con dignità al genovese G.) e la jeunesse dorée forse anch’essa inconsapevole di un destino.
Così l’urgenza di uno scrittore che potesse robustamente raccontare queste vicende ( se proprio andasse male al posto di Balzac andrebbe bene Zola) si trasforma in un quesito etico che sembra ulteriormente soffocato dal delirio della parola ormai dissociata dalle cose: religiosi che fanno paragoni tra scelte di vita e l’Ebola, Un G. che scuotendo la canuta chioma nel solenne spazio di un luogo sacro per le memorie promette sfracelli e rivoluzioni a ogni piè sospinto e invita d andare a spalare il fango non solo a Genova ma anche nei palazzi del potere. Vladimir Luxuria che va a cena da B.( tartufi e chiacchere politiche) e che per far la spiritosa umilia il movimento dei diritti civili dichiarando che il signore di Arcore dopo tante donne fa bene interessarsi ai problemi dei gay. O all’esternazione di non so quale patron messo ai vertici sportivi che parla di scimmie e di banane a proposito di giocatori “negri”.
Ma che ne sanno tutti costoro ma anche i loro narratori di cosa sia la potenza della parola che resterà quando di loro nessuno si ricorderà più?
Il più grande eversore della lingua e della narrativa italiane l’immortale Carlo Emilio Gadda ce l’aveva col Foscolo e con tutta la retorica patriottarda che l’uso ossessivo della sua poesia era servita fino alla Grande Guerra a esaltare la figura dell’eroe ( e cosa non sono ora i personaggi qui descritti se non gli eroi del nostro tempo?) Scrisse perciò un pamphlet che venne recitato alla radio nel 1959. Memorabile così come memorabili i commenti alle poesie foscoliane. Uno per tutti Riferendosi ai versi del poemetto “Le Grazie” e all’invito che vi si rivolge a Canova di entrare nel tempio eretto per custodirvi quelle dee così scrive: “L’inizio è una sciarada “Entra e ad-ora”: che bel verso! Ma chi entra nel tempio dove è il gruppo in marmo di queste tre femmine abbracciate “ed ad-ora” cioè s’inginocchia a mani giunte, si trova con la faccia adorante all’altezza del culo delle Grazie”.
Così come il matto sull’albero nell’”Amarcord” felliniano che urla “Voglio una donna!!!” anch’io urlo “ Voglio dell’etica!!!”
Il brano intonato: Fabrizio De André, Ottocento [clic per ascoltare]
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Gianni Venturi
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