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Il castello di Ferrara è un quadrilatero con sole due facce, quella che guarda il corso Martiri e l’altra rivolta a piazza Savonarola. Gli altri due lati sono di scorrimento, sostanzialmente invisibili perché non adeguatamente valorizzati. Il prospetto che sta fra viale Cavour e corso Giovecca è sacrificato al transito automobilistico, mentre come un retrobottega è stato sempre trattato il fronte che guarda i “giardini della Standa” (tutti continuano a chiamarli così perché nessuno ha mai saputo il loro nome, che è stato recentemente cambiato in “20 e 29 maggio 2012” in memoria del terremoto).

Bene, anzi: male. La città Unesco è tale per il carattere dell’impianto urbanistico del suo centro storico e vanta alcune perle famose nel mondo: il palazzo dei Diamanti, corso Ercole d’Este (definita da Byron la strada più bella d’Europa), il duomo, palazzo Schifanoia, le vie medievali, le mura. Fra i monumenti eccelle il castello Estense. Possibile non si possa fare nulla per meglio esaltarne i pregi?
Proprio in questi giorni il deputato Alessandro Bratti ha rilanciato l’idea di chiudere l’asse Cavour-Giovecca fra l’intersezione con via Spadari (palazzo delle poste) e quella con via Bersaglieri del Po. Rendere pedonali quei 500 metri di strada darebbe un nuovo volto alla città e nuova vita all’area monumentale. Ferrara, che con Perugia ebbe per prima l’intuizione e la forza di impedire alle auto l’ingresso in centro all’inizio degli anni Settanta, deve ritrovare quello slancio e quel coraggio di scommettere su se stessa.

Ma si potrebbe fare ancora di più. Sotto viale Cavour, scorre l’antico canale Panfilio, che fino all’Ottocento conferiva al centro di Ferrara un carattere “veneziano”, con acqua e ponticelli di attraversamento. Fu creato artificialmente e progressivamente ampliato fra la fine del Cinquecento e la metà del 1600, e tombato nel 1880. Riportarlo alla luce si può!
Non è un’idea folle, è un progetto grandioso che rilancia l’ambizione di una città che nel Rinascimento fu riconosciuta capitale artistica e culturale d’Europa e che nei secoli seguenti è andata progressivamente spegnendosi, per pigrizia intellettuale, facendosi provincia di se stessa e di un provincialismo senz’anima e senza ambizioni.

In uno slancio neorinascimentale, lanciarono questa proposta anni fa lo scrittore Roberto Pazzi e lo storico dell’arte Ranieri Varese. Nonostante la loro fama e la riconosciuta autorevolezza furono sostanzialmente irrisi come sognatori fuori tempo. Invece quell’idea fu seriamente considerata e ripresa dallo stimatissimo architetto Carlo Bassi, che in un prezioso documento del 2004, dal titolo “Come sogno Ferrara fra 10 anni” (raccolta di opinioni promossa dall’associazione il Pane e le Rose), scrisse: “Demolirei viale Cavour per ritrovare il canale Panfilio. La vecchia idea di Ranieri Varese e Roberto Pazzi bocciata come una inutile fantasia di mezza estate ritengo invece che sia di grande attualità per dare un senso a questo viale ʹumbertinoʹ così estraneo, nella sua dimensione, allo spirito della città”.
In realtà non sarebbe neppure necessario smantellare la via, già basterebbe riaprire la parte di controviale fra il palazzo delle poste e il castello per conferire a quel tratto stradale, che è preludio ai tesori antichi, la funzione di suggestiva porta di accesso alle meraviglie della città estense.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

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