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Il valore metaforico della espressione ‘scena politica’ o ‘scenario politico’ ha perso la funzione retorica per diventare realtà. E’ diventata uno stage teatrale dove spettacoli di varietà, drammi e perfino tragedie si susseguono; uno spazio dove gag, battute, monologhi, sproloqui mescolati a ragionamenti e argomentazioni serie si susseguono per divertire o indignare, conquistare o allontanare il pubblico elettore e non.

Se un tempo il dibattito politico era sorretto dal contraddittorio di opinioni, ottiche e ideologie, dal quale emergeva una sintesi finale con una visione chiara del gioco delle parti, oggi l’azione politica si è trasformata in interventi non sempre coordinati e coerenti anche all’interno di uno stesso partito, una azione tutta volta alla rincorsa e alla conquista immediata di consenso senza esclusione di colpi. Quello che era il nobile tempio della politica, ora è spesso tappezzato di volgarità, assenza di dignità e scorrettezza che lo riducono a un triste simulacro, una campagna elettorale permanente con gran dispiego di effetti speciali per impressionare, rafforzare strumentalmente umori e sentiment del pubblico. E non è fenomeno solo e squisitamente italiano. Le modalità comunicative dei politici sono cambiate ed è profondamente mutato il modo di fare informazione; i social network sono oggi la sede privilegiata che veicola, amplifica, distorce, riporta gli aspetti, gli sviluppi, le conseguenze, le sorti della politica e di chi la pratica e la rappresenta ufficialmente.

Oggi la politica si rispecchia quotidianamente nei volti dei politici, dei giornalisti, dei conduttori, nei tweet, nelle pagine Facebook, Instagram e Youtube. Una politica ombra di se stessa, prigioniera e subordinata alle regole di tutto quanto fa spettacolo? Forse. Comincia già negli anni ’80 l’approccio della politica alla scena spettacolare e inizia a contare il ‘modo’ in cui idee e programmi vengono presentati. Il politico entra e si relaziona nei salotti, accompagnato dalla necessità di ‘bucare il video’ nei talk show, nei faccia a faccia, nelle ospitate delle trasmissioni popolari, nelle interviste televisive che sondano ogni aspetto della vita pubblica come di quella privata.

Ci sono immagini storiche e più recenti della spettacolarità di una politica che sente erroneamente il bisogno di manifestarsi in modo eclatante, perché i toni pacati e ragionevoli sembrano inefficaci. Durante l’Assemblea Costituente, era il 1947, ci fu uno scontro tra il monarchico Guelli e i comunisti Moscatelli e Moranino con insulti e bottoni di giacche sul pavimento. Il Presidente dell’Assemblea  Umberto Terracini si lasciò andare a un contrariato “Santa miseria!” che passò alla storia. Com’è cambiato il linguaggio da allora!

L’anno successivo si verificò in Aula un aspro scambio di insulti tra deputati della DC e del PCI: Gullo apostrofa i colleghi democristiani chiamandoli “beghine”, “suore sepolte vive”, “paralitici” e Tomba risponde “chi vota comunista è pregiudicato”, e “sgualdrina” se si tratta di una donna. Volano schiaffi e urli, Tomba finisce in infermeria e qualcun altro viene medicato in aula. Nel 1953, durante i lavori in Aula per la votazione della legge elettorale proposta da De Gasperi, vengono rovesciate le urne e vola una tavoletta di un seggio con relativo calamaio. Ruini, presidente del Senato, viene trascinato fuori dall’aula a braccia, sbraitando: “La legge è approvata, la seduta è tolta, viva l’Italia!”.

Una nota particolare dal sapore internazionale è legata a uno degli uomini più potenti del mondo durante la Guerra Fredda: Nikita Krusciov. Nel 1960, durante un dibattito all’ONU riguardante le accuse dell’America alla “cortina di ferro” sovietica, il segretario del Partito comunista Krusciov si piegò, si tolse la scarpa e la batté prepotentemente sul banco, gridando le sue ragioni e ribadendo, all’allibita platea, la superiorità dell’Urss.

Dell’Italia politica del 1979 rimane l’eco di quel “cocca mia” che il deputato comunista Trombadori rivolse alla radicale Emma Bonino, che scatenò la furia delle femministe dell’epoca. E’ proprio agli stessi anni appartiene un altro episodio: un famoso politico telefonò a Portobello nel corso della trasmissione, interagendo con una signora di 81 anni che parlava di anziani, esordendo così: “Sono l’onorevole Bettino Craxi, il segretario del partito socialista…”. Un colpo a  sorpresa che segna l’avvio di un nuovo modo di far politica, una forma di politica inedita. Una politica che esce dalle aule ufficiali e si manifesta in altre sedi. E ancora,  un altro esempio di visibilità spettacolare: la nascita nel 1987 del Partito dell’Amore, promosso dalle attrici pornografiche Cicciolina-Ilona Staller e Moana Pozzi, che si definiva cristiano-dionisiaco, accompagnato da un fumus scandalistico che mirava al voto di protesta con manifestazioni eclatanti.  Scomparve nel 1994, tra beghe e lotte intestine, vittima del cosiddetto “sbarramento al 4%”, che impediva alle piccole formazioni di entrare in parlamento.

Anche gli anni ’90 va in scena la politica spettacolo: nel 1993, in piena Tangentopoli, P2 e servizi segreti deviati, il leghista Luca Leoni Orsenigo mostra in Aula un grosso cappio e i deputati missini esibiscono le manette. Urla e spintoni fanno da contorno. Qualche anno più tardi, nel 1998, l’Aula si trasforma in Bar Sport dopo la partita Inter-Juve per lo scudetto: interventi infuocati, discussioni, interrogazioni parlamentari. Lascio il resto alla immaginazione dei lettori.

Siamo nel 2007, l’anno del celebre V-Day (abbreviazione di vaffanculo-Day), l’ iniziativa promossa dal comico Beppe Grillo  in diverse città italiane e anche all’estero: si raccoglievano firme per la presentazione della legge di iniziativa popolare sulla candidabilità ed eleggibilità dei parlamentari. Si avanzò all’epoca il sospetto – seguito da smentita – che l’operazione costituisse l’avvio di una campagna elettorale per la candidatura di Grillo alle Europee 2009.

Nomi dalla fantasia sconfinata, azioni senza ritegno e risparmio, un’escalation che prende sempre più vigore man mano che i tempi cambiano. Show must go on. Siamo arrivati ai citofoni, allo squillo dei campanelli sotto il sorriso compiaciuto e piacione di qualche giornalista che segue l’operazione “Lei spaccia?”.ve  Ma questa è un’altra storia, la storia di oggi.

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Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).


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