Nel pieno di una torrida estate vien voglia di altre e diverse stagioni. In autunno cadono le foglie, in inverno tutto si ferma e si va in letargo, in estate (specie negli ultimi anni) la terra crepa e si rischia di rimanere senz’acqua. Molto meglio la primavera, anche metaforicamente. Meglio la primavera: ammesso però che a una primavera culturale – quindi sociale, quindi politica – si arrivi con progetti e programmi adeguati, e con idee e investimenti capaci davvero di inaugurare una nuova e feconda stagione per la nostra città.
Mi scuso per le banali metafore stagionali. Tutto per tornare a parlare di biblioteche, guardando non solo a quanto si sta facendo e si può fare negli ultimi due anni scarsi di questa legislatura, ma alle ambizioni della prossima.
In un mio recente intervento pubblicato su questo giornale (Sul presente e il futuro delle biblioteche a Ferrara, leggi qui) sostenevo la centralità dell’impegno sul fronte delle biblioteche pubbliche, se si vuole promuovere non solo e non tanto una città più ‘dotta’, ma una cittadinanza più informata e consapevole. In quella sede chiedevo un rilancio dell’azione dell’amministrazione pubblica, dopo che negli ultimi anni le biblioteche sono entrate in una specie di cono d’ombra, tanto ai margini della azione culturale da rimanere ‘a corto di acqua’ (leggi: fondi per gli acquisti librari e per le attività culturali). Tentavo anche di avanzare qualche idea, di indicare qualche obiettivo su cui lavorare, in vista di una quanto mai necessaria primavera delle biblioteche e del servizio di pubblica lettura nel suo complesso. Sul tema ho ricevuto in queste settimane diversi apprezzamenti e, da molti, la richiesta di andare più a fondo, di mettere in fila le cose che si dovrebbero e potrebbero fare.
Prima però occorre rispondere a una domanda: esistono oggi le condizioni politiche e finanziarie per affrontare un piano di rilancio e riqualificazione dei servizi bibliotecari e culturali di base? Tutto sommato a me pare di sì. Dopo un vivace, ma proficuo, confronto sindacale e le dichiarazioni pubbliche di sindaco e vicesindaco, mi sembra di intravedere una sensibilità condivisa: l’impegno a mantenere aperte tutte le biblioteche, anche le più piccole. Garantire la qualità dei servizio e la qualità del lavoro per il personale incaricato ne sono una premessa indispensabile. C’è da sperare che alle parole seguano i fatti.
Ma c’è qualcosa di più all’orizzonte. Più del semplice mantenimento dello status quo per l’Ariostea, la Bassani e le altre biblioteche decentrate. E’, infatti, in dirittura d’arrivo il cantiere della Ex Casa Nicolini dove troverà posto la nuova biblioteca e mediateca cittadina interamente dedicata ai bambini, ai ragazzi, alle scuole. Finalmente: in ritardo di vent’anni rispetto a Bologna o Ravenna, ma finalmente.
Nel mio intervento lanciavo anche la proposta di aprire un grande spazio – nel complesso che sorgerà al posto del Palazzo degli specchi della vergogna – per dare una nuova casa alla Biblioteca Rodari e dotare così la Zona Sud di un adeguato polo culturale. Bene (e non certo per il mio piccolo suggerimento), proprio mentre partono i lavori di demolizione, leggo un’intervista del sindaco Tagliani dove si annuncia il progetto per una sala polivalente e una biblioteca pubblica, da collocare rispettivamente al piano terra e al primo piano della palazzina ex hotel del palazzo degli specchi.
Se dopo il due viene il tre, a completare il quadro di una rinascita mancherebbe solo l’apertura a Ferrara di una biblioteca e centro culturale multietnico. Anche di questo avevo già parlato, proponendo di prendere in considerazione gli spazi al pianterreno del grattacielo. Un progetto ambizioso per giocare una grande scommessa sull’integrazione e sul dialogo interetnico proprio nel cuore del degrado urbanistico e sociale. Non so come verranno spesi i due milioni appena assegnati a Ferrara per il Progetto Grattacielo. Certo, c’è da pensare prima di tutto alla statica dell’edificio e all’impianto antincendio, ma è necessario e urgente intervenire anche sul versante sociale e culturale.
Sul grattacielo per ora mi fermo qui, ma servirà tornarci chiamando al confronto tutti gli attori sociali coinvolti: gli abitanti singoli e organizzati, il Centro di mediazione sociale del Comune, le comunità straniere, le cooperative e associazioni di volontariato sociale.
Dunque: una nuova biblioteca ragazzi, una nuova sede per la biblioteca Rodari (con annessa sala polivalente) e – me lo auguro – una inedita biblioteca e centro culturale interetnico al Grattacielo. Siamo quindi alla vigilia di una nuova primavera delle biblioteche? Forse sì. A condizione che…
La prima condizione è il personale, gli operatori che dovranno gestire le biblioteche, quelle già in essere e quelle che si aggiungeranno. Già oggi la pianta organica risulta all’osso, non tanto per aprire i servizi al pubblico, ma per supportare le attività culturali di base (incontri, presentazioni, conferenze, spettacoli). Nei prossimi anni sono poi previsti alcuni pensionamenti. Se si vuole supportare un vero progetto di rilancio dei questi “presidi culturali di base” – quelli che continuo a chiamare con il termine storico di biblioteche – non basterà assicurare il turn-over con qualche trasferimento interno. Per qualificare e potenziare i servizi esistenti e per aprirne di nuovi serviranno perlomeno 10 o 15 nuovi operatori in più. Il Comune di Ferrara, in accordo con qualche centro di formazione professionale, potrebbe farsi promotore in regione di un Corso per Assistenti di Biblioteca e Documentalisti rivolto ai giovani diplomati o laureati. Da qui avremo una nuova linfa da immettere nei servizi. A questo dovrebbe poi accompagnarsi un vasto piano di aggiornamento professionale per i dipendenti comunali che già lavorano in biblioteca, molti dei quali arrivati in mobilità da altri e diversi settori e servizi.
Sarà poi fondamentale – prendendo spunto da tante esperienze in regione e fuori regione – dare più spazio, più responsabilità – e più potere – ai cittadini utenti. In ogni biblioteca gli “utenti attivi” (a Ferrara sono alcune migliaia) dovrebbero poter votare democraticamente i loro rappresentanti in un Consiglio o Comitato di gestione, dove gli si affiancheranno alcuni bibliotecari ed esponenti delle realtà sociali e culturali presenti sul territorio. Questo nuovo organismo partecipato potrà convogliare idee e progetti e proporre e gestire iniziative sociali e culturali. Si tratta in altre parole di “creare nuovi spazi di democrazia e partecipazione”, non parlamentini o micro-consigli comunali per la passerella di questo o quel partito, ma laboratori di idee aperti a tutti i cittadini. Si dovrebbe prevedere una dotazione finanziaria, se pur piccola, per l’organizzazione di iniziative culturali in ogni biblioteca. E si potrebbero organizzare brevi corsi di formazione per utenti volontari e volonterosi per poi consentire ai volontari stessi la gestione diretta delle iniziative negli spazi comuni di ogni biblioteca.
In terzo luogo occorre ripensare alle biblioteche come centri integrati per la democrazia informativa. E’ questa la scommessa più difficile, ma necessaria in una società 2.0, dove l’accesso all’informazione e alla conoscenza è diventato un bene prezioso per l’esercizio dei propri diritti di cittadinanza. Certo, nelle biblioteche si va per leggere un giornale, prendere a prestito un libro o un dvd, fare una ricerca in rete, ascoltare una lettura animata, ma dovremmo pensare sempre più a un luogo – una piazza – dove i cittadini (dai 3 ai 90 anni) possano trovare risposta ai loro crescenti bisogni informativi. In questi luoghi – le biblioteche distribuite su tutto il territorio cittadino – dovranno esserci strumenti idonei e personale preparato per orientare, supportare e rispondere a una grande e multiforme domanda informativa. Dei bambini, dei giovani e meno giovani disoccupati, dei pensionati…
Esistono, è vero, altri e diversi supporti, strumenti e sportelli (i patronati, i sindacati, i servizi in rete di Comune e Asl, Informagiovani, centri per l’impiego…) a cui rivolgersi, ma molto spesso non è facile orientarsi. Le biblioteche dovrebbero essere in rete con tutte queste realtà e funzionare come ‘primo sportello’, fornendo ai cittadini un servizio informativo di base, indicando a ognuno la mappa per orientarsi nelle difficoltà quotidiane.
Forse l’orizzonte che ho cercato di disegnare apparirà troppo ambizioso. Per incamminarsi su questa strada, per inaugurare una nuova primavera culturale, si dovrà metter mano al portafoglio pubblico (spese per investimenti e spesa corrente) e occorrerà assumere nuove prospettive, un’idea di cultura che nasce e si alimenta dal basso e non solo dall’alto. Sono però convinto di due cose. Solo due, ma credo importanti. Che la risposta e la partecipazione dei cittadini, oltre che degli operatori bibliotecari, sarebbe all’altezza della sfida. E che questa capillare apertura produrrebbe un grande protagonismo sociale e una cultura diffusa. Farebbe bene a Ferrara e farebbe bene alla democrazia.
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Francesco Monini
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