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di Grazia Baroni

Il concetto di lavoro è uno di quelli che sarebbe assolutamente necessario riformulare per adeguare la narrazione sociale all’evoluzione storica che l’umanità ha compiuto nel mondo occidentale, specificatamente nelle democrazie europee degli ultimi settant’anni, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
La pace ha permesso a tutti i campi della ricerca, dalla fisica alla medicina, dalle scienze della terra alle scienze umane, di raggiungere un’evoluzione tecnologica da fantascienza. Allo stesso tempo la qualità democratica dell’organizzazione degli Stati ha permesso un’evoluzione della coscienza sociale e umana mai raggiunta prima.
L’evoluzione scientifica e umanistica della società occidentale è stata talmente rapida e profonda che non è stato possibile adeguare il linguaggio e quindi la sua narrazione. Questo ha creato una discrasia tra la realtà e la sua interpretazione tanto profonda da generare disagio non solo sociale ma spesso anche esistenziale e soggettivo.
Il lavoro rappresenta il luogo in cui questa evoluzione si concretizza ed è per questo che è proprio il concetto di lavoro che più urgentemente dev’essere riqualificato e ridefinito perché possa corrispondere di più alla coscienza umana e sociale fin qui maturata.

Con la prima rivoluzione industriale l’essere umano capisce che può emanciparsi dalla natura e dalla servitù della gleba, da lì in poi il lavoro viene concepito come la capacità di trasformare, attraverso l’ausilio delle macchine, la fatica in merce. Con la seconda rivoluzione industriale il lavoratore comprende di poter cambiare il suo stato sociale attraverso l’acquisizione di quei beni che gli permettano di liberare il proprio tempo dallo stato di necessità per poter finalmente godere del benessere acquisito.
Ebbene, il concetto classico del lavoro, frutto delle due rivoluzioni industriali e base di tutta l’analisi marxista, il lavoro considerato come merce di scambio che ha portato, è vero, all’emancipazione di ampi strati della società, deve oggi essere superato. Questo perché l’informatizzazione e la robotizzazione hanno messo in evidenza che questo modello di lavoro era ed è meccanico, non umano.
Il processo di informatizzazione dell’industria sta via via eliminando la necessità della presenza umana nella produzione dei beni, beni destinati peraltro a ridurre sempre di più la quotidiana fatica della sopravvivenza.
Nella catena produttiva il lavoro umano viene progressivamente svalutato dalla concorrenza delle macchine che hanno costi assolutamente irrisori. Il lavoro umano non può più essere equiparato alla produzione di merce, deve altresì essere riconosciuto come espressione della personale creatività e della soggettiva volontà di uscire dalla ripetitività e di trasformare il mondo, migliorandolo.

Il lavoro dovrebbe riconoscersi essenzialmente nella creatività umana e non nel consumo – ciò che consuma per definizione non sviluppa – soprattutto perchè la quantità di beni necessari a soddisfare i bisogni di un’umanità in continua espansione non è sostenibile a livello globale, visto anche le risorse limitate del nostro pianeta.
Le materie prime rinnovabili poi necessitano comunque di un processo di trasformazione più lento che solo un uso intelligente e oculato può garantire. Modificare la qualità della produzione richiede una ricerca di strategie, strumenti e forme innovative che consentano ai nuovi beni di durare nel tempo, oggi invece la strategia dominante è quella dello spreco di risorse e dell’invecchiamento precoce del prodotto per obsolescenza.
L’evoluzione della coscienza di sé ha fatto sì che l’essere umano non si riconosca più solo nel possesso di beni, essa richiede caratteristiche di finalità, prospettive e relazione, insomma una qualità della vita adeguata alle sue aspirazioni sia per le attuali che per le future generazioni.

Note sull’autrice
Gazia Baroni, nata a Torino il 25 febbraio del 1951. Ha ottenuto il diploma di liceo artistico e l’abilitazione all’insegnamento. Laureata in architettura, ha insegnato disegno e storia dell’arte nella scuola superiore di secondo grado. Ha partecipato alla fondazione della cooperativa Centro Ricerche di Sviluppo del Territorio (Crst) e collaborato ad alcuni lavori del Centro Lavoro Integrato sul Territorio (Celit). Socia e collaboratrice del Centro Culturale e Associazione Familiare Nova Cana.

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Redazione di Periscopio



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