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Ferrara film corto festival

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Che legame c’è fra la scrittura e lo yoga? Cosa avranno mai in comune queste due discipline, se non il fatto di avere a che fare con la mente e il pensiero? Apparentemente quasi nulla, ma riflettendoci bene, molto. Il tema appassiona e incuriosisce. Un adagio yoga recita che ogni momento è quello giusto per praticare la disciplina, un mantra che ogni yogi ben conosce. Le scuole americane di scrittura ricordano un mantra analogo, quello per cui ogni momento è quello giusto per scrivere.
Il primo punto in comune, allora, eccolo. Il momento giusto è sempre.
Scrittura e pratica yoga sono poi due discipline minimaliste, che mettono in gioco. Alla prima basta carta e penna, alla seconda un tappetino e il nostro corpo. Mano e mente servono alla prima, corpo e mente alla seconda. Pochi strumenti, gesti simili. Apriamo il taccuino-dispieghiamo il foglio (i più moderni accenderanno un computer o un più veloce tablet che non porta via troppo tempo all’ispirazione immediata che necessita di gridare subito una tastiera) e vi accompagniamo le note di una musica classica che non tolga la concentrazione, pronti a scrivere. Analogamente, stendiamo il tappetino, accendiamo un bastoncino d’incenso, scegliamo una musica rilassante e cominciamo a praticare yoga.
Le distrazioni vanno allontanate, in entrambi i casi, il corpo tenta di ribellarsi, alzandosi dalla sedia mentre si butta giù la prima riga, muovendo le gambe che si rattrappiscono un po’ quando, piegate a polletto, stiamo per iniziare con un bel, intenso e sonoro ‘Om’. Poco alla volta le membra si quietano e lo spazio viene lasciato libero, alla mente. Solo noi e i nostri pensieri, le nostre righe, le nostre parole, il vagare lontano, soli. In dolcezza, piacere, benessere, equilibrio e libertà. Consapevoli e leggeri. Responsabili solo di allinearci ai principi universali dell’armonia. Nutrendo la mente. Diventando il sole, la luna, le stelle, il cielo, la montagna.
Dal nulla si stende una riga, si stende una gamba, si piega un foglio, si piega un braccio, si riempie il foglio, si riempie lo spazio, il silenzio della pagina bianca prende anima, quello della mente vola verso l’armonia. Una volta che avremo acceso mente e corpo, difficilmente si spegneranno. Ancora molto in comune, quasi una sinergia, una corrispondenza di amorosi sensi. Tutto cambia, in poco tempo, le parole scorrono, il corpo fluisce e si rigenera, scriviamo al ritmo dei pensieri e del respiro, sulle note dell’immaginazione che spicca il volo, il corpo è centrato, la mente pure. Tutto il resto rimane sullo sfondo e non conta molto, in quel momento magico e ogni volta unico. Si può anche iniziare a scrivere mille parole senza senso, alla rinfusa, senza capo ne’ coda, giusto per cominciare a riempire il foglio vuoto e dargli anima. Poi si troverà un filo, quello giusto. Anche questo s’insegna nelle scuole di scrittura. Allo stesso modo, si inizierà con un respiro, con un piccolo gesto, casuale, ne seguiranno molti altri. Dal caos l’ordine. Attimo dopo attimo, secondo dopo secondo, minuto dopo minuto. Un susseguirsi di momenti. Il testo si scrive, la pratica si compie. Tutto scorre. In equilibrio. Bellissimo.

Fotografia di Simonetta Sandri, Mosca Parco Muzeon

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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