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LA MIGLIORE SICUREZZA:
rispondere ai bisogni di tutti, a partire dai più deboli

Articolo pubblicato il 5 Aprile 2021, Scritto da Maura Franchi

Tempo di lettura: 3 minuti


 

La pandemia ha messo in evidenza tutte le fragilità delle nostre società diseguali, dissipatrici, e senza regole. Molti sono i pericoli ai quali ci siamo assuefatti: dai morti per incidenti stradali, alle guerre che hanno andamento endemico in ampie aree del mondo. Tuttavia, l’improvvisa e rapida comparsa di un nemico sconosciuto, come il coronavirus, nei confronti del quale non ci sono ancora sufficienti difese, ci trova impotenti.

Questo virus scuote profondamente i miti del progresso e della crescita illimitata, la fiducia nella possibilità di controllo e di dominio da parte della tecno-scienza, mettendo in discussione alcune fondamentali certezze e ribaltandone il significato.

Il primo concetto che perde di significato è quello di difesa: siamo abituati a pensare che ci si difenda alzando muri, chiudendo porti e confini con eserciti militari. Ma di fronte a questo nemico invisibile le armi non servono. Anzi, proprio l’aver destinato grandi risorse alle spese militari, sottraendole ad esempio alla sanità e alla ricerca, ci rende più indifesi. Il nostro sistema sanitario universalistico, che pure è uno dei migliori al mondo, vacilla e lamenta la mancanza di attrezzature e di medici.

Il COVID19 ci insegna dunque che il modo migliore di creare sicurezza è avere una società organizzata in modo tale da rispondere ai bisogni di tutti, a partire dalle fasce più deboli. Una società di questo tipo saprà garantire anche le proprie ‘difese immunitarie’ contro i pericoli, interni ed esterni, che possono minacciarla, sviluppando l’uso corretto del potere da parte di ciascuno, le capacità di autogoverno e di resilienza, nonché forme organizzate di difesa popolare nonviolenta che i movimenti per la pace da tempo propongono.

Un altro importante ribaltamento di significato è quello del concetto di isolamento. Da Trump a Salvini a Orban, le destre sovraniste di tutti i continenti hanno rispolverato un nazionalismo pericoloso e fondato sulla cultura individualista imperante, legittimata dal pensiero unico neo-liberista. Espressioni come ‘Prima gli Italiani’ o ‘America first’, creano un isolamento, una barriera tra noi e gli altri, visti come nemici e dai quali distinguerci e separarci. È un isolamento che chiude agli altri, teso a difendere i propri privilegi, e interessi, a scapito della propria umanità.

L’isolamento al quale ci costringe il COVID19 ha invece una diversa connotazione. Serve sì a proteggere noi stessi, ma allo stesso tempo, protegge anche gli altri, perché nessuno sa se potrebbe essere un veicolo di diffusione dell’epidemia. Il COVID19 non risparmia nessuno, colpisce poveri e ricchi, giovani e anziani, al Nord come al Sud, non fa differenze di sorta. Anche chi pensa di essere più forte, potente, attrezzato, in realtà è fragile come tutti: non c’è ricchezza, potere, posizione che tenga.

Tutti hanno bisogno dell’aiuto degli altri, perché NESSUNO SI SALVA DA SOLO.

È la rivincita della solidarietà contro l’individualismo. Riusciremo a realizzare, dopo questa emergenza, un diverso rapporto tra noi e con l’ambiente che ci ospita?
Queste emergenze, climatica, sanitaria, migratoria, ci obbligano a cambiare passo, recuperando valori di solidarietà e sobrietà, che aprono una possibilità di futuro sostenibile per tutti. Proprio come è avvenuto dopo la seconda guerra mondiale, quando si è avvertita l’esigenza di creare istituzioni, come le Nazioni Unite, che si ponessero come strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie internazionali. In realtà l’ONU oggi è una istituzione troppo debole e priva di reale potere nel gestire le relazioni internazionali.

Oggi il vaccino ci porterà forse fuori dall’emergenza, ma non ci risolverà il problema di una diversa consapevolezza che richiede un ambiente inclusivo.

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Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani