La notizia, come si dice, in testa. L’Unità è viva e ha ricominciato a camminare, anche se per ora solo nella sua edizione online. Il nostro sito, rimesso in moto nei giorni scorsi grazie ad alcuni colleghi, è ripartito con numeri che confermano quello che ripetiamo da tempo: questo giornale non è solo un giornale. E’ una specie di piccolo grande villaggio dove leggere, scrivere, dialogare, a volte anche con opinioni molto diverse. Ma uno spazio di libertà e di partecipazione che la sospensione delle pubblicazioni, lo scorso 31 luglio, non ha certo depotenziato o cancellato. Nei prossimi giorni, in questa prima settimana di settembre, c’è già una importante scadenza per gli sviluppi della procedura di concordato e per la liquidazione della Nie. Quello che tutti chiedono, quando e come torneremo in edicola, è una risposta che nessuno al momento può dare, anche se tutti ci auguriamo avvenga nel più breve tempo possibile.
La crisi che ha portato a questa situazione così difficile, anche solo da spiegare a chi ti ferma per strada o fa parte del nostro pubblico, è stata lunga, complicata e piena di passaggi dolorosi. Un giornale è una creatura viva, è carne viva, e il nostro giornale non fa eccezione, anzi. Per la festa dei 90 anni, celebrata lo scorso febbraio con un grande seguito di amici, ex colleghi, lettori e affezionati, abbiamo capito che a volte la storia è il miglior modo per pensare e costruire il futuro. Senza Antonio Gramsci, senza il suo spirito e la sua impronta, questo giornale non sarebbe così particolare com’è, un caso quasi unico nel panorama italiano e non solo. Proprio ora che si vive la crisi dei giornali e il profondo rinnovamento dei mezzi e dei modi dell’informazione, abbiamo riscoperto, purtroppo sulla nostra pelle, il valore e il significato di far parte di un quotidiano fondato nel 1924 da una persona, una grande persona, che detestava l’indifferenza e col suo esempio ci ha insegnato il significato di fare questo mestiere, di vedere e raccontare le cose, di aprire porte chiuse e di portare le cose a tutti, per contribuire a quello che alcuni chiamano coscienza civica, o partecipazione, o semplicemente bene comune.
L’informazione libera è sicuramente il bene comune supremo e per me, che come tanti colleghi e amici ho cominciato questa avventura tanti anni fa, dopo un’altra dolorosa chiusura, non si può non pensare al clima che ci siamo trovati a vivere poche settimane dopo quel battesimo, con Furio Colombo al timone della redazione e i giorni molto, molto difficili del G8 di Genova che abbiamo raccontato come una specie di eclissi della democrazia. Ci siamo in un certo senso battezzati anche noi, in quel modo, con quel grande direttore che ha lasciato un’impronta in tutti noi, in quei giorni e con il giornale che aveva appena ripreso a vivere. E di quel battesimo, di quel senso di fare questo mestiere, credo e spero, continueremo a dare testimonianza nell’Unità che tornerà in edicola, speriamo il prima possibile e nel modo più futuribile e solido. Per continuare a fare il nostro mestiere, ma soprattutto per continuare a far vivere la nostra grande e libera comunità che sarebbe sicuramente piaciuta ad Antonio Gramsci. A presto.
* Salvatore Maria Righi, ferrarese, è giornalista caposervizio dell’Unità
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Salvatore Maria Righi
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