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La menzogna come nuova categoria politica. Intanto nel Paese cresce la disperazione e monta la rabbia

Articolo pubblicato il 12 Febbraio 2014, Scritto da Franco Stefani

Tempo di lettura: 2 minuti


Sono mesi che Enrico Letta e Matteo Renzi si incontrano, in segreto o in pubblico,da soli o in compagnia, a Firenze, a Roma o da qualche altra parte. Tutte le volte i comunicati ufficiali e le immagini hanno parlato di colloqui proficui, di ampie collaborazioni, dell’impegno di ciascuno dei due nel proprio campo, il primo al governo del Paese, il secondo a fare il sindaco di Firenze e il segretario del Pd.
Oggi siamo, pare, al redde rationem: Letta se ne va (se ne dovrebbe andare) ed al governo, come premier, entra (dovrebbe entrare) Renzi. Mettiamo un doveroso condizionale, non si sa mai. Intorno a quello che Antonio Polito ha definito oggi sul Corriere della Sera “il congresso infinito”, ecco il solito agitarsi, il totoministri, chi va e chi viene, i favorevoli, i contrari, i battaglieri, i prudenti, i vendicativi e così via.
Dunque, alle categorie della (bassa) politica dobbiamo aggiungere sistematicamente la menzogna come fattore costitutivo? La valutazione della politica, comunque, ormai si deve compiere solo sugli atti concreti: i discorsi stanno (quasi) a zero, perché figli di uno Zeitgeist (spirito del tempo) dal respiro e dalle visioni mediocri.
Nel Paese reale, intanto, la gente è sempre più povera, i giovani non lavorano, ci si suicida, si ammazzano le donne e i figli, l’Italia frana, la ‘ndrangheta è la più potente mafia del mondo dopo la scoperta della connection con Cosa Nostra per il traffico di eroina, eccetera. In giro c’è rassegnazione, rabbia, impotenza.
Ha ragione Fiorenzo Baratelli: i detentori del potere politico stiano attenti. E stiamo attenti anche noi. Non solo perchè un demiurgo potrebbe portare l’Italia nel baratro, ma anche perchè la disperazione può generare odio e violenza generalizzati e incontrollabili.

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Franco Stefani

Franco Stefani, giornalista professionista, è nato e vive a Cento. Ha lavorato all’Unità per circa dieci anni, poi ha diretto il mensile “Agricoltura” della Regione Emilia-Romagna per altri 21 anni. Ha scritto e scrive anche poesie, racconti ed è coautore di un paio di saggi storici.


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani