La maratona creativa attrae oltre 300 visitatori al Museo di Storia Naturale
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Da Matteo Bianchi
Da domani i visitatori del Museo di Storia Naturale saranno ancora più coinvolti nella fruizione delle sue collezioni. Interattività e sostenibilità sono i binari sui quali le tre équipe al lavoro da 72ore si sono mosse per facilitare il rapporto tra chi osserva e gli esemplari dietro le teche. I materiali utilizzati, inoltre, sono di reperibilità immediata e di costo praticamente nullo, considerate anche le difficoltà che sta vivendo il settore culturale in Italia. I diciotto giovani professionisti sono arrivati da tutto il paese e oltre, comprese le incursioni di due mixer provenienti da Parigi e Berlino: abbattere la staticità degli spazi museali e del loro utilizzo significa anche aprirsi all’innovazione, senza limiti di alcun genere. Innovazione mentale prima ancora che tecnologica.
«Mi hanno colpito la passione e le competenze che hanno espresso – afferma il direttore Stefano Mazzotti – Sono entrati subito nel merito del format: si sono messi in ascolto e mi hanno fatto domande specifiche, dimostrando poi una buona capacità di esecuzione. Da un base concettuale tanto ampia non è semplice diventare ficcanti nelle cose. Ho permesso loro di lavorare dentro le vetrine, insegnandogli che non è possibile manipolare reperti catalogati, quanto mediare tra uno e l’altro. In prospettiva vorrei che i prototipi rimanessero per potenziare sia la museografia stabile sia i prossimi eventi lungo il percorso espositivo. Il clima è stato armonico, hanno apprezzato da subito l’ospitalità, dalle pause caffè offerte da Krifi ai pasti forniti dall’Associazione Mayr+Verdi. Senza dimenticare le risate dei momenti a tavola trascorsi insieme nelle Grotte del Boldini, un altro luogo molto suggestivo». Per ore più di 300 ferraresi sono entrati dal portone su via De Pisis per scoprire i tre prototipi progettati e realizzati durante la maratona creativa, dalla mattina alla notte.
«I nostri musei scientifici ospitano nelle loro sale solo una minima parte delle collezioni – spiega il mixer Paolo Cocco della squadra “Scheletri nell’armadio” – il resto è chiuso in cassetti e armadi inaccessibili al pubblico e per questo invisibili. Abbiamo allora creato un’esperienza immersiva che permetta ai visitatori di immaginare le collezioni ospitate nei depositi e negli archivi del Museo di Storia Naturale. Chi visita la sala della memoria incontra la teca del chiurlottello, un uccello in pericolo critico di estinzione. Abbiamo eliminato la sua didascalia e al suo posto abbiamo creato un pannello informativo con un testo-ponte, che introduce l’argomento delle collezioni chiuse al pubblico. Il testo termina con una cascata di nomi che arriva fino al pavimento. Abbiamo quindi ricoperto il pavimento con una serie di elementi in vinile ispirati alla Walk of Fame di Hollywood: decine di impronte in scala 1:1 di alcuni degli uccelli che fanno parte delle collezioni, alternate ad altri riquadri su cui è indicato l’hashtag #saicosatiperdi». L’hashtag potrà essere usato da questo e altri musei per impostare una strategia di comunicazione condivisa.
«Appena entrati nel museo i visitatori trovano quattro scienziati che li guidano in una visita inconsueta – prosegue la mixer Francesca Druetti della squadra “Senza nome” – Una volta inquadrato il QR code sotto i loro volti, possono ascoltare la loro storia. Il primo ad accoglierli è Linneo, l’inventore della nomenclatura binomia, che li “classifica”. Vicino all’orso, invece, ad aspettarli c’è Lamarck ed il racconto di un metodo scientifico che è fatto anche, se non soprattutto, di tentativi. Accanto alle teche di insetti tocca a Guido Campedelli, entomologo, che consiglia loro di scaricare l’app iNaturalist. E se ci fosse una nuova specie che attende solo di essere scoperta? Basta uno smartphone. Al piano superiore ecco René Malaise, anche lui entomologo, che ha inventato una trappola per insetti con il suo nome». Ma non finisce qui perché per restare in contatto con loro l’équipe ha aperto una serie di profili sui social dedicati a Galdino Gardini, il primo direttore del museo: la scienza è alla portata di chiunque si faccia trasportare dalla propria curiosità. La comunicazione si conferma uno strumento fondamentale per creare nessi e relazioni impensate tra gli osservatori e gli oggetti in esposizione.
«Individuata come criticità del museo l’assenza di una segnaletica ben visibile per la postazione della biglietteria – conclude la mixer Sabina Viezzoli degli “Speak up” – abbiamo scelto di utilizzare come “cartello di benvenuto” un ologramma per catalizzare l’attenzione. Abbiamo poi posizionato un pannello didattico di grandi dimensioni per indirizzare i visitatori al piano superiore, dove gli interventi di remix li attendono, articolandosi in più sale. Il primo interessa il diorama che rappresenta il bosco della Panfilia nei dintorni del centro abitato. Una webcam riconosce il movimento quando qualcuno entra nel suo campo visivo e si attiva un sottofondo sonoro con i rumori del bosco. Il suono cattura la curiosità del visitatore, amplificando l’esperienza di visita attraverso il coinvolgimento di un senso ulteriore, l’udito. Il remix prosegue con l’installazione di un piccolo exhibit nella sezione mineralogica, che interessando tatto, vista e udito aiuta a guardare le rocce al loro interno. Abbiamo usato tre diversi campioni che, sfiorati, azionano un video con immagini al microscopio della roccia stessa». L’obiettivo è lanciare a grandi e piccoli una piccola sfida di ricerca, che si articola da una stanza all’altra per offrire stimoli e spunti.
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