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In concomitanza con la stagione degli open day per tutti gli istituti superiori impegnati a conquistarsi l’iscrizione dei tredicenni giunti al momento di dover scegliere dove e come proseguire gli studi, la stampa nazionale ha dato grande rilievo agli esiti della ricerca condotta dalla Fondazione Agnelli sui migliori licei, istituti tecnici e professionali delle città capoluogo di regione.
Il cliché è dei più tradizionali, d’altra parte questo è il sistema formativo nel nostro paese, per cui da un lato ci sono i licei senza altro sbocco che l’università, dall’altro gli istituti tecnici e professionali che possono aprire le porte del mondo del lavoro.
L’indagine, pubblicata come servizio alle famiglie e agli studenti dal portale Eduscopio della Fondazione Agnelli, riporta la classifica dei migliori licei valutati sulla base del numero di allievi che, concluse le superiori, si iscrivono all’università, unitamente al numero di esami sostenuti e ai risultati ottenuti. Per i tecnici e professionali la valutazione è compiuta sul numero di alunni che trovano lavoro ad un anno dall’esame di stato.
È possibile, vista l’incertezza del futuro dei nostri giovani per i tempi che corrono, che le famiglie prendano per buoni i dati offerti dalla Fondazione Agnelli e che si avvii la corsa all’istituto che pare dare garanzie migliori.
Anche il nostro paese si adegua alle mode d’oltre oceano dove fiorisco i siti delle Champion schools, ma un dubbio però resta e cioè se è proprio la scelta di questo o di quel liceo a fare la differenza.
Ad occhio e croce l’indagine della Fondazione Agnelli non ci dice nulla di quello che già non sapessimo e cioè che i licei più degli istituti tecnici e professionali aprono le porte dell’università, che gli istituti alberghieri più di altri offrono l’opportunità di trovare lavoro, mentre gli istituti per geometri e ragionieri, figure professionali in via di estinzione, non garantiscono più un’uscita sul mercato del lavoro.
Ma la cosa che di questa indagine più inquieta, e che meriterebbe forse una presa di posizione da parte del ministro dell’istruzione, è suggerire l’idea che esistano scuole di serie A e scuole di serie B se non addirittura di serie Z. L’idea di un sistema formativo a macchie di leopardo, per cui tutti paghiamo le tasse ma non è sicuro che la scuola che sceglieremo per nostro figlio o figlia darà le stesse garanzie di riuscita che a detta della ricerca della Fondazione Agnelli darebbero gli istituti scolastici al top della sua classifica.
Sarebbe stato più utile che la ricerca della Fondazione Agnelli ci dicesse che cosa fa la differenza tra le scuole campione individuate e le altre, cosa fa di questi licei, istituti tecnici e professionali delle scuole migliori.
Perché il sospetto è che queste scuole ben poco incidano come ascensore sociale, che siano scuole d’élite, che confermino i vantaggi di chi già parte avvantaggiato. Più che scuole campione sembrano scuole copione della condizione sociale della loro utenza. È sufficiente prendersi il tempo per visitare i siti web dei licei in testa alla classifica della Fondazione Agnelli per rendersi conto che poco differiscono dai portali delle scuole superiori che di questa classifica non fanno parte.
A meno che non si ritenga che “Accendere la domanda, la curiosità, l’apertura al reale, destare nei giovani il desiderio di conoscere: tutto ciò appare, oggi più che mai, il presupposto fondamentale per un cammino educativo credibile” come riporta il portale del liceo scientifico Sacro Cuore di Milano, al vertice della classifica della Fondazione Agnelli, sia di per sé un programma sufficiente a garantire la qualità della scuola e il successo dei suoi studenti.
L’impressione è che a fare la differenza non siano le scuole ma le persone e le condizioni di partenza. L’impegno di ragazze e ragazzi oltre ai loro contesti di vita. La questione di una scuola in grado di recuperare gli svantaggi, di rimediare alle differenze di status sociale, alle iniquità di partenza resta tutta aperta nel nostro paese
Non a caso diminuiscono le iscrizioni all’università di quanti escono dagli istituti tecnici e professionali. Non a caso queste scuole vengono scelte da chi oltre allo svantaggio per condizione sociale ha accumulato svantaggi nello studio che la scuola non è riuscita a colmare.
Del resto dietro la paludata classifica della Fondazione Agnelli il nostro paese resta in Europa quello con il minor numero di laureati, con la più alta percentuale di giovani neet, non impegnati nello studio, nella formazione e nel lavoro, per non dire che il nostro paese si distingue in Europa per la maggior percentuale di adolescenti che non amano la scuola.
Allora ai giovani che in uscita dalla terza media si trovano di fronte alla scelta del percorso di studi da intraprendere non c’è consiglio migliore da suggerire che scegliere ciò che a loro più piace, perché non c’è motivazione più forte per riuscire nella vita.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.


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