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di Pietro Batacchi
direttore di RID Rivista Italiana Difesa

Sta destando un certo scalpore il sequestro nel porto di Gioia Tauro di container contenenti componentistica americana destinata alla produzione di droni russi.

Ufficialmente, i materiali, provenienti dal Canada, erano diretti dopo lo scalo calabrese in Qatar. Secondo i nostri inquirenti, invece, i container a bordo di una nave cargo avrebbero dovuto dirigersi verso la Russia o, più probabilmente, verso il porto siriano di Tartus. Questo episodio, molto grave, dimostra come attorno alla Guerra in Ucraina e al regime delle sanzioni si stia creando un vero e proprio mercato parallelo – fatto di spericolate triangolazioni e sfruttamento di circuiti illegali – per alimentare lo sforzo bellico della Russia.

Del resto Mosca ha ancora bisogno di componentistica di produzione occidentale – giroscopi, oscillatori e non solo – per la produzione di sistemi inerziali, di navigazione e di controllo per missili e droni. A quanto ci risulta, ancora a fine 2021, la Russia aveva rimpiazzato solo un 43% di componentistica fino a quel momento importata dall’Occidente e destinata alla propria industria militare. Da qui, un ulteriore sforzo per acquisire certi apparati in Asia – Cina, Malesia, ecc. – e pure sul mercato nero. Non c’è dunque da stupirsi se nel mezzo di una di queste triangolazioni si trovi anche il porto di Gioa Tauro, da sempre infrastruttura strategica della più potente organizzazione criminale del pianeta, ovvero la Ndrangheta, che potrebbe aver fiutato l’odore dei soldi.

Puoi leggere l’articolo originale su RID Rivista Italiana Difesa 

Cover: container nel porto di Gioia Tauro 

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