Mi è parso ovvio, da subito, che la ritirata dei soldati USA dall’Afghanistan era funzionale al fatto di poter tranquillamente continuare le operazioni per mezzo di soli droni, come avviene già in Pakistan da anni.
Il soldato sul campo: devi pagargli la trasferta e costa molto, può morire e portare cattiva pubblicità al proprio governo. Tra l’altro può vedere tutti gli abusi della guerra e parlarne, portando altra pericolosissima pubblicità negativa.
Grazie al controllo delle armi a distanza si può fare a meno di questi inconvenienti.
I droni possono venir pilotati da una base in Nevada e bombardare con un click – vedi qualche giorno fa la rappresaglia statunitense tramite droni proprio in Afghanistan. Ed essere chirurgici non è necessario, tanto nessun altro, se non il video-terminalista, vede il botto e il suo sfracello, da lontano, a modesta risoluzione.
Così si può bombardare una moschea nell’ora della preghiera per eliminare un singolo ‘nemico’ (terrorista?), distruggendo anche le vite di chi, sfortunatamente, si trovava troppo vicino all’obbiettivo. Effetti collaterali.
Senza il rischio di ricordare all’Occidente che siamo degli assassini.
La miseria e l’odio che ne derivano non hanno la forza né i mezzi di attraversare l’oceano. Peggio per loro.
Viene fatto già da diversi anni e quasi non si parla delle sue conseguenze. Vuol dire che è la scelta giusta per una guerra senza contraddittorio.
Una guerra che assomiglia al rapporto tra un Dio malvagio e un essere terreno alla sua mercé. Un piede enorme che schiaccia una formica. Una guerra che mi ricorda quella di 1984 di Orwell, in cui dei nemici non vedi né sai nulla.
Cover: Foto di un drone in azione di guerra, su licenza Creative Commons
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Francesco Reyes
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