da Federico Di Bisceglie
Parigi. 13 novembre. Ora di cena. Incubi. Si potrebbe riassumente in questo modo la serata che ha visto la capitale francese teatro di una era è propria azione di guerra. Non si esagera a definirla tale. Il sangue di oltre 100 persone ha macchiato la città della libertà per antonomasia. Nessuno ha il diritto di uccidere altre persone,nessuno ha il diritto di uccidere in nome di Dio. Chi lo fa bestemmia,come ha affermato il santo Padre. L’attacco del sedicente stato islamico questa volta ha colpito forte e ha provocato un’inutile strage di persone innocenti, tra le quali una nostra connazionale italiana. E chi l ha definito questo episodio come “l’11 settembre francese”, c’è chi ha pregato per Parigi, c’è chi ha manifestato il suo dissenso, il suo dolore.
A New York ormai più di 14 anni fa, il terrorismo islamico aveva colpito un simbolo, aveva colpito il cuore dell’America, per attuare la cosiddetta “strategia del terrore”, tipica dei fondamentalismi; esattamente come è successo pochi giorni fa a Parigi, a meno di un anno dall’indimenticata strage alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo.
Di considerazioni possibili da fare sull’accaduto ce ne sono tante, ma una in particolare è opportuna: in entrambi i casi,tutti e due i popoli hanno dimostrato una grande forza d’animo e un grande senso di appartenenza al loro Paese, che dovrebbe essere di esempio a tutte le popolazioni del mondo, perché in un momento di difficoltà come quello del 13 novembre la popolazione francese non ha piegato la testa, ma è uscita a testa alta dallo stadio intonando a gran voce la Marsigliese. Esattamente come quando ad ogni anniversario della strage delle Twin Towers la popolazione America si trova riunita a gronda zero cantando Born In the Usa. Pertanto ritengo che il grande ‘insegnamento’ che si può trarre da ciò che è accaduto è quello di non piegarsi mai ad una momentanea sconfitta e cercare sempre una possibile soluzione, credendo e rispettando le autorità e difendendo l’identità nazionale. Sempre.
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