“Produci…consuma…crepa” recitava una canzone dei Cccp. E così si può riassumere il senso del lavoro oggi: produrre il più possibile, consumare il più possibile, crepare, né troppo presto, né troppo tardi. La grande “prostituta di Babilonia” ha decretato la fine dei diritti, la svendita degli articoli in difesa dei lavoratori e l’inizio della nuova era: il precariato. La chiamano “flessibilità”. Mentono, sapendo di mentire. Ed allora che valore ha il Primo Maggio? Ricordare i morti di uno sciopero? Farci tornare alla mente che le migliaia di lotte sono finite in un nulla di fatto? Serve alla passerella di chi si professa difensore ma in realtà, al massimo, è attore della disfatta di una fu categoria? Tutto è merce, tutto si compra, tutto si vende. Tutti contro tutti, e nessuno per uno. Non sarebbe, allora, più giusto dedicare questo giorno all’idolatria dello sfruttamento? Alla massificazione della schiavitù? Al razionale eccidio di intere classi sociali? Non sarebbe più giusto chiamare il Primo Maggio “Il giorno della ‘festa’ fatta ai lavoratori”?
“[…] Lavorare per il male è una cosa naturale
È un lavoro normale, non ci devi pensare
L’avvenire dei tuoi figli merita molto di più
Fatti solo i fatti tuoi, fatti i fatti tuoi
Fatti solo i fatti tuoi, fatti i fatti tuoi
Fatti solo i fatti tuoi, fatti i fatti tuoi
Fatti solo i fatti tuoi
L’avvenire dei tuoi figli merita molto di più […]”
“Lavorare per il male” – Davide Toffolo (T.a.r.m.)
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Jonatas Di Sabato
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