Sua Santità,
sono una cattolica credente e professante, sono sposata da venticinque anni, sono madre di quattro figli e sono femminista, semplicemente perché oggi credo sia la via più autentica per interpretare la contemporaneità.
Scrivo perché sono rimasta profondamente colpita, per non dire agghiacciata, dalle parole che sono state dette da molti degli esponenti del movimento per la vita, intervistati da Giulia Bosetti di ‘Presa Diretta’, nella puntata di lunedì 28 gennaio su Rai3. In realtà tutta l’inchiesta ha rivelato una radice misogina e certamente non cristiana dietro ai movimenti che si battono per una restaurazione della famiglia ‘tradizionale’. Tutti però si sono dichiarati cattolici credenti, convinti di essere mandati da Dio a ristabilire l’ordine naturale di cui ovviamente conoscono la formula.
Intorno a stendardi della Madonna, alla quale Dio ha chiesto se voleva avere un figlio – poteva dire di no -, ho sentito pronunciare parole di condanna per le donne che abortiscono, negare la tragedia dei femminicidi (per le donne tra i 16 e i 44 anni è la prima causa di morte nel mondo), che il posto delle donne è essere sottomesse a un marito anche se violento e abusante, che non necessitano di aspirare ad altro che alla maternità. Ho sentito dire che la famiglia naturale è una sola e infine che lo stupro è meno grave dell’aborto e tutto questo condito dal fatto che sono gli unici veri interpreti del cattolicesimo.
Ebbene le scrivo per dirle che io non mi riconosco in una Chiesa che riduce la complessità della vita a formulette semplicistiche e che accetta che la prospettiva che muove questi movimenti venga sbandierata come cattolica. La legge non sta sopra l’uomo ma di fronte. Gesù lo ha detto in modo molto chiaro (MC, 2, 23/28). Ed è proprio in quello spazio che c’è tra la legge e l’individuo che si rivela la libertà che Dio ci ha donato, dinamica che porta avanti la storia. Credo che l’aborto possa essere una esperienza molto dolorosa, ma sono a favore della legge 194, una legge che riconosce alla donna le sue responsabilità e che onora la sua coscienza individuale, il suo corpo e la sua libertà. Sono per l’abolizione universale della maternità surrogata, ma non certamente per i motivi addotti da questi personaggi davvero equivoci. Sono per il sacramento del matrimonio tra omossessuali e sono per il sacerdozio femminile, che porrebbe fine alla misoginia che abita la struttura ecclesiastica e a una ingiustizia: le donne escluse dal sacerdozio in quanto donne. La libertà delle donne fa paura a tutti, anche a molte donne, ma non c’è amore senza libertà, e senza la libertà delle donne la Chiesa e la società le priva e si priva del loro amore.
Le scrivo perché mi riconosco in una Chiesa capace di dialogo e confronto, che non rifugge le contraddizioni dell’esistenza, che si interroga, che è ricerca continua e che testimonia ogni giorno il suo amore. Credo sia giusto che questa Chiesa mostri il suo volto e abbia il coraggio di denunciare che quanto detto da queste persone non è cristiano. Lei ha mostrato grande coraggio esponendosi personalmente, anche e spesso in controtendenza al pensiero dominante. Quando è stato eletto Papa si è presentato come Vescovo di Roma, riconoscendo che la Sua missione sta dentro il tempo e lo spazio, esattamente come quella di ognuno di noi, e dunque riconoscendo che siamo tutti in cammino verso una umanità più piena. Per proseguire il cammino, quando si giunge a un bivio, bisogna scegliere che strada prendere. Spero si unirà alla mia denuncia: la prospettiva che anima molte persone che militano in questi movimenti non è una prospettiva cristiana.
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Roberta Trucco
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