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di Cecilia Sorpilli

Ogni giorno i fatti di cronaca puntano i riflettori sui migranti e l’opinione pubblica si divide tra chi inneggia al rimpatrio forzato e chi propone accoglienza ed integrazione. I partiti politici usano il tema dell’immigrazione come campo di battaglia elettorale e intanto, anche nei territori più vicini a noi, ci si appresta ad accogliere o respingere i migranti. È indubbio che negli ultimi decenni il numero di immigrati in Italia sia aumentato insieme al numero dei ricongiungimenti e quindi al numero di famiglie straniere che risiedono nel nostro territorio nazionale. Sarebbe quindi opportuno riflettere riguardo quali processi devono affrontare queste famiglie quando scelgono di abbandonare il loro paese d’origine per trasferirsi in una nazione che gli possa garantire un futuro migliore.

Innanzitutto la migrazione familiare non genera cambiamenti solo all’interno del sistema famiglia, ma apporta cambiamenti anche nella società di accoglienza; infatti la presenza della famiglia migrante può divenire un elemento di confronto per la società di arrivo che contribuisce alla trasformazione del modo di fare famiglia nella stessa. Per le famiglie migranti la cultura del proprio paese di origine rimane comunque un ancoraggio forte per il mantenimento della propria identità, anche perché il continuo confronto con una cultura diversa mette alla prova nel quotidiano i valori, le norme e i significati appresi e interiorizzati nel paese di origine. Camillo Regalia, professore di Psicologia sociale e Caterina Gozzoli, ricercatrice di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica di Milano, evidenziano che “Il rischio di oggi, in un contesto caratterizzato da mutamenti rapidissimi e frammentazione, è che le persone, lasciate a gestire processi complessi in solitudine, non siano in grado/non possano sostare e poi affrontare la fatica di un processo negoziale e di mediazione; ciò che può accadere è allora un irrigidimento difensivo e un ripiegamento su ciò che è più noto, o viceversa un’adesione acritica a ciò che è proposto come modello e pratica dominanti”.

Per poter migrare spesso la famiglia ha bisogno della collaborazione della propria cerchia sociale del paese di origine e quando si stabilisce nel paese di arrivo tende a sentire di avere un debito morale nei confronti di chi è rimasto in patria. Eugenia Scabini, Presidente del Comitato Scientifico del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia e professore di Psicologia dei legami familiari, e Giovanna Rossi, professore ordinario di Sociologia della famiglia presso l’Università Cattolica di Milano spiegano che “curare il legame di origine chiede di interpretare e riattualizzare il mandato migratorio alla luce di ciò che si incontrerà lungo il viaggio senza irrigidirlo e cristallizzarlo in modo difensivo verso le istanze di cambiamento nel nuovo paese.” Sono, quindi, molteplici le sfide che la famiglia, e ancor prima la coppia, migrante deve saper affrontare e superare.

Stabilirsi in un paese di cultura diversa dalla propria spinge a confrontare il proprio modello di coppia con quello del paese di arrivo. Scabini e Rossi infatti spiegano che “Le esigenze concrete nel Paese di accoglienza e il confronto con modelli culturali diversi portano frequentemente la coppia a una rinegoziazione dei ruoli al suo interno. […] Se è importante che la coppia riesca, laddove necessario, a modificare i propri ruoli, è altrettanto importante salvaguardare ciò che, inscritto nella cultura, non può essere sovvertito pena la squalifica e la confusione identitaria del partner.” Altro compito complesso per la famiglia migrante è quello di crescere i figli in un contesto culturale diverso dal proprio; i genitori migranti si sentono costretti a interrogarsi e mettere in discussione valori, certezze e modalità educative del proprio bagaglio culturale. I figli d’altra parte possono sentirsi confusi e disorientati nella ricerca di valori e modelli, rischiando così di fallire nella costruzione della propria identità e/o intraprendendo percorsi di sviluppo fallimentari e disadattavi.

Curare il legame con i figli per le famiglie migranti significa permettere ai propri figli un distacco, ma al tempo stesso anche la continuità con la cultura del paese di origine, il recupero del significato delle origini e la riflessione sul significato che le proprie origini avranno nella storia della famiglia. I genitori della famiglia migrante, inoltre, possono vivere un conflitto di lealtà: da una parte avvertono la responsabilità nei confronti dei propri figli, per cui hanno pensato, progettato e messo in atto un percorso per consentirgli un futuro diverso dal loro, dall’altro sentono di dover essere riconoscenti verso i propri familiari, rimasti nel Paese di origine, che hanno collaborato per rendere possibile il viaggio. Mara Tognetti Bordogna, professore di Politiche sociali e Politiche immigratorie presso la Facoltà di Sociologia dell’Università di Milano-Bicocca, afferma che il concetto di migrazione familiare racchiude diverse tipologie di famiglie, differenti contesti migratori e istituzionali, e diverse dinamiche familiari.

Negli anni Ottanta le famiglie che migravano venivano denominate “famiglie spezzate” perché non vi era nulla che aiutasse chi emigrava a rimanere in contatto con i familiari rimasti in patria o facilitasse il ricongiungimento. Oggi invece, grazie alle nuove tecnologie, il contatto con i familiari rimasti nella terra di origine diventa stabile e frequente e per questo motivo tali famiglie vengono definite “transnazionali”. La vita di una famiglia transnazionale si costruisce e si sviluppa sull’insieme di relazioni e pratiche condivise fra i diversi membri che sono tese a mantenere e rafforzare i legami nonostante la distanza che separa i differenti contesti di vita. Mara Tognetti Bordogna, nel saggio Famiglie Ricongiunte, afferma che sia importante interrogarsi “su come la relazione richieda e comporti un nuovo assetto, nuove modalità e nuove forme proprio a partire dalla distanza fisica fra i membri determinata dalla migrazione, e che, pertanto, necessita di nuove forme di vicinanza simboliche, comunicative e materiali come le rimesse e i doni.” Queste famiglie, quindi, oltre a dover affrontare tutte le sfide che la nostra società pone all’universo familiare, devono trovare la propria modalità di essere famiglia in un contesto altro, in una cultura diversa dalla propria, in un paese con storia e tradizioni diverse dalle proprie.

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Redazione di Periscopio



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