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da BERLINO – “Erano trecento giovani e forti…” Per la verità eravamo in trenta, al seminario di filosofia tenuto lo scorso aprile a Berlino dal noto studioso Sergio Givone presso la Scuola di Alta Formazione Filosofica, autore del recente Metafisica della peste. Trenta giovani studiosi da diverse parti del mondo, in possesso di un dottorato o in procinto di averlo, accomunati dalla passione e dallo studio… nonché dalla consapevolezza dell’enorme difficoltà di farsi strada con la filosofia, tra il mondo accademico e il mondo del lavoro.

Forse non a caso, tema del convegno era appunto la connessione tra il “Pensiero” e il “mondo della vita”, una astrusa formula di Edmond Husserl, seriosissimo fondatore della Fenomenologia, probabilmente la corrente filosofica più longeva e influente dello scorso Novecento, famigerato per la sua dedizione lavorativa e precisione terminologica tanto da far credere, come recita una nota barzelletta per gli addetti ai lavori, che egli stesso fosse un libro stampato. In ogni caso, il celebre “mondo della vita” (Lebenswelt) indica proprio il mondo pre-filosofico e pre-scientifico, è appunto quel “mondo vitale” (altra possibile traduzione dell’espressione tedesca) che non solo si sottrae all’indagine intellettuale ma fondamentalmente l’anticipa: è il viluppo bruto di vitalità e realtà con cui ciascuno deve fare i conti. Non solo con il pensiero, ma anche con la pratica; non solo con la filosofia, ma anche con la scienza.

Nonostante queste premesse, è difficile riassumere in poche battute cinque giorni di convegno, dal 7 all’11 aprile, che hanno coinvolto tanto gli astanti quanto il direttore della scuola, professor Ugo Perone, già docente in diverse università italiane e ora titolare della cattedra di Filosofia della religione proprio a Berlino, presso la Humbold Universität. Le lezioni si sono svolte tra filosofia, critica letteraria, estetica e un pizzico di politica. Si è trattato in effetti di amichevoli colloqui tra appassionati di filosofia, rilassati simposi che, pur senza vino, sono riusciti a toccare più di una verità.

È ironico constatare quale sia stato davvero il momento più notevole di questo seminario ristretto, altrimenti svoltosi tra intense ma forse “convenzionali” sedute mattutine e pomeridiane tra un noto professore e (auspicabilmente) giovani studiosi emergenti. Pur avendo partecipato a tutte le sedute con grande interesse e pur avendo probabilmente abusato della pazienza dei presenti sfoggiando la mia tipica vena polemica, devo ammettere che il momento più intenso di tutte le lezioni è stata una spontanea e fragorosa risata che è scoppiata all’unisono tra tutti noi partecipanti all’indirizzo del povero relatore.
Quando in una breve digressione personale Givone si è azzardato di augurarci che anche noi “giovani studiosi” avremo la possibilità di godere di un ampio ritiro sabbatico come gli venne concesso alcune volte in passato, la nostra compassata serietà accademica è venuta immediatamente meno e trenta sconosciuti da ogni parte d’Italia e Germania, italiani, tedeschi, spagnoli, serbi e greci, hanno confermato con il riso non solo la verità più triste per la nostra generazione, l’impossibilità del cosiddetto “posto fisso”, ma, ahimè, anche l’implacabile distanza delle istituzioni e della classe dirigente dalla realtà attuale – o addirittura, direbbe Husserl – dal mondo della vita.

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Federico Dal Bo

È giornalista pubblicista e traduttore, dottore di ricerca in Ebraistica, dottore di ricerca in Scienza della traduzione, residente a Berlino


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