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Roma – Si parla spesso di biblioterapia, la tecnica praticata in psicoterapia attraverso la lettura scelta e guidata di libri, con obiettivi curativi e formativi, ma mai di bibliotecoterapia, o biblioteca terapeutica. Neologismi forse impropri che hanno, però, il pregio di dare nome all’insostituibile quanto sottovalutata funzione terapeutica della biblioteca, sul piano personale e sociale.

Solo in vista di chiusure, limitazioni o diminuzioni di budget, le biblioteche fanno notizia. forse perché si sentono ancora forti i moniti lungimiranti del secondo dopoguerra sul valore delle biblioteche, che stabiliscono l’assioma ‘libro = cibo per la mente’, secondo la celebre metafora ancora potente dell’Adriano di Marguerite Yourcenar:  “Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che, da molti indizi, mio malgrado, vedo venire” (Memorie di Adriano), o come il progetto visionario ma imprescindibile di Jella Lepman, di realizzare la più grande biblioteca del mondo per ragazzi. Tornata nel 1945 come ‘esperta dei bisogni culturali ed educativi delle donne e dei bambini’ in una Germania devastata, dalla quale era fuggita perché ebrea, la Lepman nel 1949 inaugura la Internationalen Jugendbibliothek di Monaco, che nasce proprio dalla consapevolezza dell’importanza di distribuire a bambini e ragazzi non solo la cioccolata, ma anche i libri, per ricostruire in loro la fiducia nell’umanità, nella civiltà e la voglia di vivere.

Roma, Davanti alla Biblioteca Cornelia, particolare

La biblioteca come terapia intensiva dello spirito insomma, che aiuterebbe in questo momento a risollevarci dai colpi della malattia, dei lutti, delle ristrettezze economiche e del distanziamento sociale. Ma il ruolo terapeutico delle biblioteche In Italia, attualmente limitato a causa delle misure restrittive legate alla pandemia, da troppo tempo esige un rilancio.

Nella legislazione dei paesi del nord Europa da diversi anni ormai alle biblioteche è affidato un ruolo sociale e culturale fondamentale: sono considerate simbolo di cittadinanza attiva, democrazia e libertà di espressione e talvolta i cittadini sono coinvolti in alcuni aspetti vitali della loro organizzazione. Nel caso ad esempio della Biblioteca Centrale di Helsinki “Oodi sono previste delle consultazioni pubbliche per stabilire il nome della struttura, l’organizzazione dei piani e le attività che al suo interno i cittadini vorrebbero svolgere.
Il paragone con le politiche dei paesi del nord Europa, oltre a provocare l’inevitabile senso di frustrazione, ci riporta al nucleo della biblioteca pubblica: ‘pubblica’ non per appartenenza  istituzionale, quanto piuttosto per le caratteristiche del suo servizio, rivolto al pubblico e aperto a tutti.
Animato da questo spirito, 25 anni fa un gruppo di bibliotecari, con il sostegno di brillanti studiosi e l’approvazione degli amministratori politici, danno vita al Sistema Biblioteche Centri Culturali del Comune di Roma, un progetto visionario dove ‘sistema’ prefigura l’importanza di fare rete nell’accezione di rete bibliotecaria diffusa, mentre ‘centri culturali’ sposta il significato di biblioteca da semplice luogo di raccolta e conservazione dei libri a luogo di animazione culturale, e di crescita formativa dal forte valore relazionale.

Per far emergere le potenzialità terapeutiche delle biblioteche e cogliere quello che di significativo accade intorno a questo fulcro di esperienze, possiamo indicare una delle 40 biblioteche del Sistema Bibliotecario di Roma, la Biblioteca Cornelia, come osservatorio privilegiato dei fermenti creativi e delle esigenze di condivisione che la animano. L’idea, già sperimentata ma da sviluppare, è di raccogliere una miscela di contributi variegati sotto forma di racconti, approfondimenti, considerazioni e focus, collegati dai noti “sei gradi di separazione” alla biblioteca Cornelia, quella sorta di organismo vivente, con un cuore pulsante nel quartiere periferico di Montespaccato e con sottili terminazioni che si sviluppano verso il centro e oltre, fatto di relazioni, contatti e storie personali.

In tempi normali che sembrano lontani, la biblioteca è un luogo vivace e molto frequentato, che ospita nei singoli spazi dedicati, attività rivolte a varie fasce di utenti, tanto che non è raro, in alcuni pomeriggi, assistere all’affluenza di diversi gruppi di appassionati e generazioni: il Bibliotè, gruppo di lettura che unisce la passione per i libri a quella per la condivisione gastronomica di tè e dolci fatti in casa è l’ideale prosecuzione del gruppo dei piccoli lettori disposti in cerchio per le letture Nati per Leggere, dai 0 ai 3 anni, anche loro molto devoti al rito della merenda. O, ancora, non è inusuale assistere, proprio all’ingresso della Biblioteca, al via vai di due ben riconoscibili gruppi di utenti, che presto si separano in direzioni opposte: i piccoli lettori con i rispettivi genitori accorrono per seguire letture animate e laboratori creativi, mentre appassionati cinefili o semplici curiosi sono richiamati da presentazioni di libri o rassegne cinematografiche a tema.

Chi frequenta la biblioteca per partecipare alle attività culturali, nonostante differenza di età, provenienza sociale e formazione culturale, è spinto dal desiderio di condividere con altre persone, spesso sconosciute, passioni e opinioni su un libro appena letto o un film visto insieme, azionando, in questo modo, quel processo vitale e terapeutico dell’apertura verso l’altro e dell’abbattimento del muro dell’incomunicabilità.
In queste occasioni di incontro ognuno offre all’altro la propria chiave di lettura e la propria interpretazione, ad esempio, sul ruolo del ‘cattivo’ in un film o di un personaggio secondario in un libro, proponendo prospettive diverse, che portano a riconsiderare aspetti sottovalutati, a ribaltare le convinzioni di partenza o confermarle, provocando una forma di sottile e divertente spaesamento. Questo confronto tra idee diverse è la base per la costruzione di una mentalità aperta e di una società tollerante, oltre a  sviluppare lo spirito critico.

L’ingresso della Biblioteca Cornelia, Roma

Il cuore della biblioteca, anche architettonicamente, si trova vicino all’ingresso e ha la forma di un grande ring dove si disputano matches di ricerche bibliografiche e transazioni informative: è il front office. Una sorta di trincea dalla quale impartire indicazioni topografiche, sia in senso stretto, sull’ubicazione dei servizi igienici e della sala ragazzi, sia in senso biblioteconomico, sulla collocazione dei libri della sezione ‘Gialli’, o ‘Roma’.
La Biblioteca Cornelia con le sue specificità fa parte dell’ampio e articolato Sistema delle Biblioteche di Roma, che a partire da quel 26 febbraio 1996 ha visto, nel corso degli anni, il disseminarsi e il radicamento nel territorio cittadino di varie sedi bibliotecarie diventando ben presto, tra gli utenti che le hanno iniziate a frequentare, un riferimento sicuro, un luogo aperto a tutti al servizio della comunità.

Il venticinquennale delle Biblioteche di Roma è un bel traguardo, ma rappresenta anche un’opportunità da non perdere per riflettere sul ruolo svolto finora dalle biblioteche e per cogliere le sfide sempre nuove poste dalla società contemporanea, su tutte quella del rilancio, con una progettualità ampia e condivisa, delle politiche culturali ed educative sul territorio, per crescere bene insieme, come cittadini consapevoli, nei prossimi 25 anni.

Alessia Pompei, collaboratrice di Ferraraitalia, è direttrice della Biblioteca Cornelia di Roma.

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Alessia Pompei



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