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Che non si viva solo di prodotto interno lordo ormai è risaputo nonostante la sua tenace resistenza. Un po’ meno conosciuto è il rovesciamento del mondo se si cambia prospettiva, se la prospettiva è quella dell’Happy Planet Index. L’indice della felicità da nessuno promessa, perché si sa che la felicità non è di questa Terra, condanna biblica ancestrale, ma guarda caso la felicità si può e si deve perseguire.
Il Costa Rica, il Messico, il Vanatu e la Tailandia sono in cima alla classifica dell’Happy Planet Index 2016. Paesi occidentali considerati a livello mondiale come i più ricchi e benestanti si collocano invece molto in basso. Al contrario, diversi paesi dell’America Latina e della regione Asia-Pacifico sono ai primi posti per aspettative di vita relativamente alte e condizioni di benessere con un basso impatto ambientale.
L’Happy Planet Index (HPI) misura ciò che conta: il benessere sostenibile per tutti. Ci dice quanto bene le nazioni stanno operando per il raggiungimento di una vita lunga, felice e sostenibile da parte dei loro cittadini.
L’Happy Planet Index fornisce una bussola per guidare le nazioni, e dimostra che è possibile vivere una vita buona senza depredare la Terra.
L’Happy Planet Index combina quattro elementi per calcolare l’efficienza con la quale gli abitanti dei diversi paesi utilizzano le risorse ambientali per garantirsi una vita lunga e felice: il benessere, l’aspettativa di vita, la disuguaglianza dei risultati, l’impronta ecologica.

Happy Planet Index formula:
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Il mondo non è certo felice e la felicità è sempre meno nella prospettiva delle persone, recenti indagini rivelano che la maggioranza delle persone sia negli Stati Uniti che in Europa pensa che la loro vita non stia migliorando. All’orizzonte dei paesi dell’opulenza non c’è la felicità, ma crisi, instabilità, disuguaglianze sempre più crescenti e la sfida onnipresente del cambiamento climatico.
Una causa di tutto ciò è la priorità testarda data al PIL, alla crescita economica come obiettivo centrale dei governi.
In effetti, la crescita del PIL di per sé non significa una vita migliore per tutti, in particolare nei paesi che sono già ricchi. Non riflette le disuguaglianze nelle condizioni materiali tra le persone in un paese. Non esprime il valore delle cose che contano davvero per la gente come le relazioni sociali, la salute, il loro tempo libero. E soprattutto, una crescita sempre più economica non è compatibile con i limiti delle risorse naturali.
L’Happy Planet Index è una visione alternativa, ci fornisce un quadro più chiaro della vita delle persone. Lo fa misurando quanto tempo la gente vive, come le persone stanno vivendo le loro vite, catturando le disuguaglianze nella distribuzione delle risorse senza fare affidamento sulle medie.
Nell’Happy Planet Index l’Italia si colloca al sessantesimo posto su centoquaranta paesi del mondo. Alta aspettativa di vita, tra le più alte nel mondo, dopo il Giappone, punteggio medio in materia di benessere, ma ciò che incide come per tutti i paesi sviluppati è l’impronta ecologica, la cura per la tutela dell’ambiente, il suo sfruttamento per produrre ricchezza che ci vede in profondo rosso, in compagnia con la Svezia che pur avendo indici eccezionali per aspettativa di vita, benessere, equità sociale ha un altissimo indice di impronta ecologica.
Le nazioni occidentali ricche registrano livelli alti di speranza di vita e di benessere, ma non raggiungono complessivamente punteggi elevati nell’Happy Planet Index a causa dei costi ambientali che comporta il loro sviluppo economico. Gli Stati Uniti si collocano a 108 posti di distanza dal primo della classifica che è il Costa Rica, totalizzano un punteggio abbastanza alto per aspettativa di vita e benessere, ma con una impronta ecologica che è una delle più pesanti del mondo.
Ciò che emerge dall’Happy Planet Index è ciò a cui accennavamo all’inizio, l’idea di un capovolgimento del mondo, dei nostri punti di vista, paesi distanti da noi, dalle nostre culture, da come siamo stati abituati a leggere il mondo ci offrono, molto di più del nostro sistema occidentale, della nostra cultura occidentale, diversi elementi per riflettere, per costruire economie sostenibili, che offrano un benessere relativamente alto, una vita felice di lunga durata senza costi troppo elevati e irreversibili per l’ambiente.
Sono i paesi dell’America latina, dell’Asia e del Pacifico, solo poco tempo fa ancora in via di sviluppo, forse il mondo sta cambiando direzione e noi continuiamo a guardare dalla parte sbagliata.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it