LA CITTA’ DELLA CONOSCENZA
Il parco della scienza, un’idea in cerca d’autore
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“Hub” è un termine anglosassone che a partire dalla fine degli anni Novanta ha preso piede anche tra noi. Così gli italiani “fulcro”, “snodo” sempre più si sono trasformati in “hub”. Oltre ai “knowledge hub”, ci sono anche i “knowledge hotspots”, i punti caldi della conoscenza, del sapere.
Città di tutto il mondo oggi sono impegnate a sviluppare questi “punti caldi della conoscenza”: concentrazioni fisiche ad alta intensità di saperi o di attività creative. Luoghi e spazi che assumono molte forme, parchi scientifici, parchi tecnologici, distretti creativi.
Ci sarebbero tante idee per la nostra città, terra di Rinascimento e di cultura umanistica. Tutto il nostro sapere non sarebbe mai progredito senza l’apporto determinante della scienza e della tecnologia. Quando si discute di musei è sempre di arte antica, del nostro patrimonio che si parla, un’eredità che non si difende continuando a ignorare la scienza e la necessità di appropriarsi di una conoscenza sempre più ampia. Del resto la scienza è più di ogni altra cosa destinata a illuminare il nostro futuro. È possibile che io non sia informato, che le afe e le nebbie padane offuschino i miei sensi, ma non mi pare che questo sia un argomento di particolare interesse nell’agenda di noi ferraresi.
Eppure la nostra città può vantare di essere la sede del Centro ricerche “G. Natta”, che rappresenta un’eccellenza nel panorama industriale italiano e si colloca ai vertici più alti a livello mondiale. Così come la nostra Università è luogo di importanti ricerche e scoperte, non ultimo il ‘pletismografo’ per misurare la circolazione cerebrale, messo a punto dal dipartimento di Fisica e Scienze della Terra per essere usato da Samantha Cristoforetti, l’astronauta italiana in orbita con la stazione spaziale internazionale.
Perché non pensare di realizzare nella nostra città un parco della scienza? Che non è un polo tecnologico e neppure un museo, ma che per esempio con il polo tecnologico di Bologna potrebbe dialogare, caratterizzando la nostra città anche dal punto di vista della ricerca e della cultura scientifica.
Non ho dati recenti, quelli di cui dispongo risalgono al 2009, quando i parchi della scienza nel mondo si aggiravano intorno a quota 400. Il più antico e più importante è quello di Cambridge. I parchi scientifici sono i luoghi classici, più noti e più visibili dell’economia della conoscenza, i luoghi della “fertilizzazione incrociata” tra ricerca scientifica e produzione di beni e servizi.
Parchi scientifici e altri tipi di centri di conoscenza si sono sviluppati per alimentare la crescita di imprese tecnologiche, per facilitare il trasferimento di conoscenze tra le università e le imprese, per fungere da vivaio, per stimolare l’innovazione e la riqualificazione di aree urbane degradate, per inserire una regione o una città nell’economia della conoscenza, per attirare investimenti esteri, per sostenere politiche locali.
In città abbiamo il Polo scientifico tecnologico dell’università, ma siamo anche sede di un polo di istruzione tecnica superiore, non conosco in che misura dialoghino queste due realtà: ho l’impressione che diverse cose importanti accadano, ma l’una indipendente dalle altre, senza una regia capace di metterle a frutto, capace di legarle in un discorso coerente, capace di essere motore di innovazione, di tradurle in valore aggiunto per una città della conoscenza, per una città che apprende.
Anche quest’anno, dal 6 all’11 ottobre, il Polo scientifico tecnologico dell’Università di Ferrara ripropone alla cittadinanza, per il quinto anno, la sua iniziativa “Porte Aperte”, aprendo con diverse proposte i propri laboratori di ricerca a ragazzi e adulti. Un bell’esempio di città che apprende, di apprendimento continuo calato nel tessuto e nella vita cittadini. Si tratta di una delle tante occasioni di apprendimento che questa città offre ai suoi abitanti e non solo, per opera di istituzioni e di organizzazioni. Tante altre potrebbero essere citate, dal laboratorio didattico di archeologia “Nereo Alfieri”, agli Amici dei Musei, alla Biblioteca Ariostea, al Conservatorio, ai gruppi teatrali particolarmente attivi, da ultimo Unifestival, e chiedo scusa a tutti gli altri che non cito. Non sono forse questi gli ingredienti preziosi che farebbero delle nostra città una città della conoscenza, una città che apprende? Ma manca un’idea di fondo che li accomuni, che li ponga in rete, che li colleghi dentro un’offerta formativa coerente e intenzionale, dentro un discorso di istruzione permanente, certo non formale, ma non per questo meno importante e fondamentale per una città che voglia essere occasione di conoscenza e di crescita continua per i suoi abitanti. Solo l’amministrazione della città, dotandosi di una organizzazione ad hoc, può prendere in mano la regia di tutto questo, affinché tutto non ricada nell’episodicità, non si disperda per strada, ma divenga patrimonio naturale del modo di essere e di porsi di questa nostra città.
Un’idea potrebbe essere che la regia venga assunta dal neonato Urban Center del comune di Ferrara, che tra i suoi obiettivi dichiara di “diffondere la cultura della città e della cittadinanza” e che di recente ha aderito alla “Carta della Partecipazione” il cui decalogo prevede la messa a disposizione dei cittadini di tutte le informazioni più rilevanti.
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Giovanni Fioravanti
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