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Ferrara film corto festival

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Barcellona, Delft, Dublino, Monaco, Montréal, Stoccolma sono oggi considerate a livello mondiale città della conoscenza di successo. Il loro cammino verso uno sviluppo fondato sulla conoscenza come risorsa ha preso avvio col tramonto del secolo scorso, come risposta di fronte alla crisi industriale ed alla crescente disoccupazione. Ormai costituiscono sei casi di studio intorno ai quali si è andata accumulando un’importante letteratura.
Ragionare di città della conoscenza, di uno sviluppo che faccia della conoscenza la sua risorsa prima da noi è ancora molto difficile, eppure ogni giorno tocchiamo con mano come sia arduo uscire dalle secche di una crisi che si estende come una lingua di lava e come i fatti siano terribilmente distanti da quanto un pensiero nuovo, una nuova intelligenza suggerirebbero di fare. Intanto il tempo è tiranno e con realismo spietato non fa che accumularci addosso gli anni del ritardo che scontiamo nei confronti delle città più avanzate.
La questione di fondo resta la volontà politica e sociale che sono indispensabili. Nei casi citati c’era il senso di un’urgenza sociale, credere nella necessità del cambiamento per riposizionare la città nell’era della conoscenza, come risposta alla situazione di difficoltà generata dal declino delle industrie tradizionali o dalla scarsità delle risorse locali. È questa volontà di cambiamento sociale la scintilla per ogni ulteriore azione, ma una città non si sviluppa come città della conoscenza senza un chiaro sostegno del governo e delle leadership locali.
Ogni tentativo di trasformare una città in città della conoscenza è destinato a fallire se non è guidato da una chiara visione strategica, una visione strategica che deve prendere le mosse da un esame disincantato e approfondito della propria condizione. Sarebbe compito del governo della città e degli attori sociali responsabili del suo futuro proporre obiettivi specifici, misure e azioni per una nuova stagione di sviluppo della città fondata sull’uso della conoscenza come leva e risorsa.
Le città che abbiamo citato all’inizio hanno scelto di indirizzarsi su alcuni settori piuttosto che altri, fissando obiettivi ambiziosi per ciascuno di essi. Hanno cercato di bilanciare gli interessi di questi settori in rapporto alle risorse disponibili e alla competitività delle loro aree metropolitane. Soprattutto hanno mirato a far crescere un sistema di alta qualità dall’istruzione di base a quella superiore, di elevare la qualità della vita dei cittadini e dei servizi sociali avanzati.
Certo, il sostegno finanziario e forti investimenti per la realizzazione degli obiettivi strategici costituiscono le condizioni indispensabili. Si tratta di operare azioni di marketing in grado di attrarre investimenti esterni, di mobilitare risorse pubbliche e private, anche mediante l’applicazione di vari regimi fiscali, attirando finanziamenti pubblici a livello nazionale e sovranazionale.
Parchi e poli della conoscenza vanno creati e animati, senza di essi oggi nessuna impresa grande e piccola che sia può sopravvivere, l’era della grande industria ormai è scaduta. Le agenzie di cui hanno bisogno le nostre città sono quelle in grado di promuovere aree qualificate e specializzate di conoscenza, poli della scienza, della ricerca e delle tecnologie.
Queste agenzie possono essere fondazioni, centri di ricerca, istituzioni e università da coinvolgere in diversi tipi di attività, come la progettazione e la realizzazione di piani, per la conduzione di ricerche, il rafforzamento della cooperazione scientifica e la condivisione delle conoscenze, attrarre e trattenere lavoratori della conoscenza, sostenere lo sviluppo economico, il marketing del concetto di città della conoscenza. Perseguire l’eccellenza esprimendo principalmente la capacità di creare nuove conoscenze nei settori della scienza e della tecnologia, ma non solo o esclusivamente, perché porsi l’obiettivo dell’eccellenza fornisce la piattaforma per nuovi beni e servizi basati sulla conoscenza.
Una città della conoscenza di successo è, dunque, soprattutto degna di nota per la sua ricchezza di conoscenze acquisite, che ruota essenzialmente attorno ai suoi centri di ricerca e alle istituzioni dell’apprendimento. La produzione di conoscenza procede in gran parte da quelli che sono conosciuti come i motori dello sviluppo economico della città, come i suoi centri di ricerca e le università.
È anche il carattere multietnico delle nostre città che ci chiama ad accogliere la sfida a trasformarci in città della conoscenza. Una città della conoscenza per avere successo deve essere costruita sulla diversità. Gli individui di talento creativo preferiscono vivere in città con popolazioni caratterizzate da diversità, tolleranza e apertura, in quanto una tale atmosfera stimola la fertilizzazione incrociata delle idee e delle pratiche e favorisce il flusso più veloce delle conoscenze. Le città della conoscenza sanno come ascoltare e trovare i modi per sostenere i diversi punti di visti, le differenti radici culturali e le esperienze dei loro cittadini contribuiscono realmente a nuove idee e innovazioni.
Una città della conoscenza ha senso se è in grado di offrire opportunità di creazione di valore per i propri cittadini. Esempi di tali pratiche sono la promozione di “microcosmi della creatività”, istituzioni di spazi per lo sviluppo del dialogo sociale, la costruzione di siti web di alta qualità e di reti tra città della conoscenza. Una città della conoscenza si distingue anche per il ritmo di assimilazione, l’uso, la diffusione e la condivisione di nuovi tipi di conoscenze, la promozione che a sua volta assicura che esse acquisiscano rapidamente un valore economico e sociale.
“Un motore di innovazione urbana” è un sistema che può innescare, generare, promuovere e catalizzare l’innovazione nella città. Si tratta di un sistema complesso che comprende le persone, i rapporti, i valori, i processi, gli strumenti e le infrastrutture tecnologiche, fisiche e finanziarie. Alcuni esempi di luoghi urbani che possono servire come motori di innovazione sono le biblioteche, i caffè, la camera di commercio, il municipio, l’università, le scuole, i musei, le istituzioni culturali, ecc. Tuttavia non tutti questi luoghi interpretano il ruolo, oggi indispensabile, di veri e propri motori di innovazione.
Una città fondata sulla conoscenza deve garantire, tra gli altri, i diritti all’informazione e alla conoscenza dei suoi cittadini, attraverso l’accesso facilitato alle reti a banda larga per tutti, l’accessibilità all’informazione per un’utenza amica, altamente comprensibile, completa, diversificata, una informazione pubblica trasparente. Il diritto all’istruzione e alla formazione. Tutti i cittadini devono avere il diritto alla formazione al fine di beneficiare in modo efficace dei servizi e delle conoscenze disponibili attraverso l’informazione e le tecnologie della comunicazione. Così come i cittadini hanno diritto ad una pubblica amministrazione trasparente a tutti i livelli del processo decisionale. La Pubblica amministrazione deve impegnarsi a favorire la partecipazione dei cittadini e il rafforzamento della società civile.
I benefici di una città della conoscenza su scala mondiale e locale sono realmente sostanziali ed attraenti, per cui non possono più a lungo essere ignorati dai decisori politici e dai ricercatori, ma soprattutto dai cittadini consapevoli del senso del loro abitare la città.

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Quattro giorni di eventi internazionali dedicati al cinema indipendente, alle opere prime, all’innovazione e ai corti a tematica ambientale.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it