La capitale dei lidi senza pronto soccorso, Comacchio si ribella
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Non c’è tregua per la sanità del Delta. Il braccio di ferro tra istituzioni e popolazione prosegue tra partecipazione civile e denunce. Sono cinque gli esposti di Consulta Popolare del San Camillo, Comune e Uil Sanità a Prefettura, Procura e Regione per fare luce sul metodo e la regolarità del blitz con cui l’Ausl ha chiuso in un batter d’occhio il punto di primo soccorso dell’ospedale San Camillo di Comacchio.
Sabato il sindaco 5stelle di Comacchio, Marco Fabbri ha rivelato di essere stato minacciato di denuncia dal direttore sanitario Paolo Saltari per aver offuscato l’immagine dell’azienda. E’ guerra con tanto di botti. Del resto era già tutto previsto, si potrebbe canticchiare infischiandosene della bordata con cui è stato affondato il pronto soccorso comacchiese. Impossibile, a meno di non soffrire d’indifferenza perniciosa.
La prova sta nella ritrovata partecipazione civile delle tante persone e associazioni – fatta eccezione per quelle di categoria forse intenzionate ad aspettare la bella stagione per esprimere la disapprovazione di un’assenza di servizio utile al turismo – raccolte in corteo sabato pomeriggio. Hanno sfilato dall’ospedale comacchiese fino a via Folegatti, dove si è tenuto un lungo comizio con gli interventi di Giovanni Gelli e Manrico Mezzogori della battagliera Consulta del San Camillo, Mirella Boschetti della Fials e Nicola Zagatti del Comitato Salvaguardia del Delta. Un biscione umano, civile e determinato, formato da persone calate a Comacchio da diversi paesi della provincia di Ferrara per unirsi alla popolazione lagunare e gridare il proprio ‘no’ al ‘sacco’ della sanità deltizia. Perché di questo si tratta, hanno insistito gli organizzatori della protesta e il sindaco 5Stelle, in testa al corteo insieme ai suoi assessori, ai consiglieri d’opposizione della giunta e ad alcuni sindacalisti.
Il primo cittadino, l’unico della provincia, ha rivendicato l’importanza di una battaglia senza campanili né bandiera, per una sanità di qualità, organizzata secondo le esigenze delle popolazioni e rispettosa di chi lavora nelle strutture colpite dai tagli della dirigenza dell’azienda sanitaria, braccio esecutivo di un progetto politico deciso in Regione e sposato dalla nostra Provincia.
Tutto per favorire il Polo di Cona, denunciano dalla Consulta del San Camillo, ‘un ospedale sovradimensionato, che per assorbire le proprie spese dovrebbe servire dalle 600mila al milione di unità’. Sono in molti a pensarla nello stesso modo, contribuenti e non, ma tutti pazienti potenziali degli ospedali in declino. Tutti sfiancati dallo spettacolo di un invocato risparmio di denaro pubblico giocato sulla loro pelle piuttosto che su scelte razionali di riorganizzazione sanitaria a misura d’uomo. Lo ha ricordato il sindaco Fabbri, specificando che ‘se in Romagna hanno un’unica amministrazione dell’azienda sanitaria, noi ne abbiamo due’.
Tutto sommato usare le forbici per tagliare i duplicati è una soluzione migliore rispetto alla cancellazione di specialistiche e allo svuotamento di reparti. Come successo a Valle Oppio, dove nonostante le promesse, un pediatra solitario manda avanti la baracca, emodinamica è stata smantellata e psichiatria è in via di smobilitazione. Come dargli torto? In fondo l’economia del buon senso, molto simile a quella di ogni famiglia, è la più funzionale e funzionante. E’ ispirata dalla logica. Flessibile e rigida a seconda delle necessità. Il teorema è inattaccabile con buona pace di strategie politiche sulle quali è diventato impossibile abbozzare, specie se c’è la salute di mezzo. E se ci sono documentate soluzioni dai costi sostenibili con cui rendere produttivi e integrati gli ospedali del Delta e San Camillo. Lo ha specificato ancora una volta la Consulta.
Allora perché snobbare le proposte invece di esaminarle, fosse anche per respingerle? Perché ignorare la voce di una terra, dove in estate raddoppia popolazione e dunque la richiesta di sanità? Perché utilizzare strutture convenzionate pagando compensazioni milionarie ogni anno invece di fornirle in casa propria e risparmiare davvero sui costi? Qualcosa non torna. Lo ha gridato il lungo corteo venuto a chiedere rispetto per gli abitanti dei Comuni troppo lontani da Cona per affidare la propria salute al maxiospedale. Soprattutto in caso di emergenze. In piazza per chiedere la revisione del piano sanitario e la rinegoziazione di accordi sulla sanità comacchiese firmati dal governatore Errani e finiti giù per le scale di cantina in nome della spending review. La cosa non sorprende, ma neppure rinsalda il rapporto di fiducia tra i vertici della politica emiliano-romagnola, provinciale e la popolazione. E intanto la battaglia continua. In difesa del diritto alla salute e di un ruolo attivo nella partita sulla sanità pubblica.
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Monica Forti
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