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Perché ragionare di “buona Scuola”, come il primo ministro Renzi ha intestato il proprio progetto di intervento sul sistema scolastico del nostro Paese?
Innanzitutto perché aggettivi qualificativi come ‘buono’ nella realtà non qualificano proprio nulla, se non un sentire individuale, se mai anche condiviso, ma che non sfugge alla soggettività di chi lo esprime.
In secondo luogo perché la ‘scuola’ non è cosa che possa essere trattata senza ragionare sulle cause ultime, vale a dire sul servizio che oggi l’istruzione è chiamata a fornire alla comunità.
Scuola significa gran parte della cultura nostra e delle future generazioni, vuol dire il patrimonio di saperi che ci accompagnerà per tutta la vita, quel bagaglio di conoscenze che ci rende e renderà i nostri giovani cittadini attivi.
Scuola è termine che non ha più nulla in comune con il significato che i greci attribuivano alla parola ‘scholé’, tempo libero, noi potremmo anche interpretarlo, forzando un poco e perché ci piace, come tempo liberato, tempo in cui ognuno attraverso l’istruzione si affranca dalla schiavitù dell’ignoranza.
Per la nostra tradizione ‘scuola’ è il luogo deputato all’istruzione per eccellenza. Ecco ‘l’istruzione’, la parola chiave, perché di questo si tratta. E se ‘buona’ si deve dire, dunque sia la “buona Istruzione”. Allora dovremmo interrogarci intorno a cosa è una buona istruzione.
Intanto chi stabilisce qual è un’istruzione buona e cos’è l’istruzione cattiva?
Se sappiamo guardarci attorno ci rendiamo subito conto che la possibilità di decidere in merito da tempo ci è sfuggita di mano. Sempre più gli Stati del mondo, tra la fine del secolo scorso e gli inizi di questo, sono stati defraudati della loro autonomia. Del resto le stesse proposte di nuovi saperi, contenute nel progetto del governo, ricalcano le ricette imposte dalla globalizzazione dei mercati, dal ‘coding’ all’economia.
Semplicemente perché la crescente società ‘civile’ globale è andata sviluppando sulla Terra forme di scolarizzazione che sono la fotocopia le une delle altre, mentre i tradizionali ‘Stato-nazione’ hanno perso potere anche sul versante dell’istruzione dei loro cittadini.
Ciò è accaduto senza che ce ne accorgessimo, ma nella storia dell’educazione, che è oggetto fragile e delicatissimo, sono sempre state le ideologie a prevalere su ogni altra considerazione. Così negli anni quello che è stato sfacciatamene contrabbandato come spirito riformatore senza riforme, altro non era che l’assecondare i cambiamenti imposti dalle concezioni neoliberali del libero mercato e dell’economia dei consumi, adombrando il valore dei diritti umani e il ruolo che l’istruzione, la buona istruzione, gioca per la loro affermazione e tutela.
Anziché servire i diritti di ogni singolo uomo e di ogni singola donna, l’istruzione è stata monopolizzata e manipolata per costruire una società mondiale ad un’unica dimensione: quella del mercato, della competizione, della crescita economica e del consumo.
Tramontate le forme tradizionali della educazione nazionale che tendevano a formare cittadini leali e patriottici, emozionalmente legati ai simboli dello Stato, si è passati alla assoluta fedeltà ai mercati e alla loro dipendenza.
Nel frangente, il diritto delle persone ad autodeterminare la propria vita, a vivere l’esistenza che desiderano, come direbbe l’economista Amartya Sen, si è eclissato.
Non è questo il tema primo con cui ogni discorso sull’istruzione oggi dovrebbe iniziare?
Di un’istruzione intesa al servizio delle persone e non del mercato come neppure dello Stato, ma grande strumento di scelta per la propria esistenza e per il bene delle esistenze degli altri. Si può ancora continuare a tradire il significato vero della scuola come luogo deputato all’istruzione per eccellenza?
Vogliamo finalmente porre al centro le persone, i giovani in carne e ossa? Questa è l’occasione che, a meno di virate dell’ultimo minuto, “la buona Scuola” del governo ha perso insieme a quel millantato aggettivo qualificativo che proprio ‘buona’ come promette non può essere.
Intanto nel mondo c’è chi non si arrende. Chi pensa che sia possibile un modello globale di scuola al servizio dell’uomo. Una scuola della buona istruzione che insegni agli studenti come vivere a lungo, condurre un’esistenza felice, tutelare l’ambiente che ospita le nostre esistenze e combattere le diseguaglianze sociali. Come fare della globalizzazione non la prigione delle nostre vite, ma una grande occasione di libertà, di partecipazione ad una comune e condivisa cittadinanza planetaria.
Su questo sono impegnati gruppi, associazioni, organizzazioni nel mondo come l’Human rights education network, United nations’ cyberschoolbus, World wildlife fund’s education programs, Earth charter initiative, North american association for environmental education, il Globe program e altri ancora.
È sufficiente visitare i loro siti internet per rendersi conto che non si tratta di sogni ad occhi aperti, ma che un’altra scuola, la scuola della ‘buona Istruzione’ è possibile.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it